Marco 8,27-35
In quel tempo 27Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». 28Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». 29Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
31E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. 33Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
34Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
Duemila anni fa l’umanità era nella “pienezza dei tempi”, e non aveva bisogno di un altro Elia o di un altro Battista, ma aveva bisogno di uno che fosse all’altezza dei tempi ormai maturi per accogliere sulla terra Dio stesso in forma umana. Dio, infatti, scese ad abitare nella sua casa, che aveva costruita. Tutto il mondo era “in pace composito”, tutto il mondo allora conosciuto parlava la stessa lingua (latino o greco), tutto il mondo era percorribile in lungo e in largo attraverso le arterie create dai romani. Gerusalemme diede la vera fede, Atene la filosofia e l’arte, Roma il diritto.
Ma i pagani erano stanchi e delusi dei loro dèi, lontani e viziosi, mentre gli ebrei sembravano offrire poco di più con il loro Dio vendicativo e punitore. Di cento filosofi, ognuno aveva detto la sua: quale era la Verità? La vera bellezza non consiste nell’ordine delle parti ma nello splendore del bene; e la giustizia senza amore è ingiustizia, secondo il principio: summum jus summa iniuria. L’umanità, dunque, aveva bisogno di un “Cristo-Figlio-di-Dio”, che parlasse all’uomo di un Dio “Padre misericordioso”, amante degli uomini fino al punto di dare il suo Figlio unigenito, disposto a morire per i peccati dell’umanità; che predicasse l’amore vicendevole per porre fine alle guerre, e promettesse una vita eterna. E questo “Cristo-figlio-di-Dio” venne puntuale – anzi in anticipo – secondo le promesse. Ma quando venne nel mondo, pochi lo riconobbero. Nacque infatti nel silenzio di una grotta, visse nascosto per 30 anni, apparve nella sinagoga dicendo che era Lui il Messia promesso dai profeti, ma fu cacciato dalla sinagoga per precipitarlo dalla rupe e porlo a tacere per sempre. Gesù la scampò, come poteva fare lui solo, e – girando di città in città – predicava la giustizia e l’amore e operava molti prodigi. Le folle cominciavano a seguirlo, ma perché? Una volta, Gesù stesso disse che la folla lo seguiva “non per i prodigi” ma perché si era riempito lo stomaco di pane. Così non andava bene! Gesù operava i prodigi per aprire gli occhi del cuore, affinché la gente lo riconoscesse come il Messia promesso, cioè come il Figlio di Dio mandato a sacrificarsi per l’umanità. Lo diceva e predicava apertamente, ma lo stomaco accecava lo spirito.
Uno solo – alla fine – cioè Pietro, ammise che lui era il Cristo, ma un Cristo dimezzato, un Cristo ammodernato, non quello predetto dai profeti, destinato a soffrire. Un Cristo come lo avrebbe voluto Pietro e come l’avremmo voluto noi: gioioso, glorioso, mangione e beone, insomma gaudente, a nostra disposizione quando abbiamo bisogno di pane, acqua, vino, cognac, carne, vestiti, denaro, lavoro sicuro e lucroso, ecc. ecc. Un Cristo “satanico” che alimenti i vizi degli uomini, non le virtù, come la generosità, l’altruismo, la capacità di donare persino la vita…
Questo spiega la forte reazione di Gesù, quando quel tale – Pietro – cercò di distoglierlo dal piano amoroso di Dio, di offrirsi per la salvezza del mondo, e di insegnare agli uomini a sacrificarsi per la propria e l’altrui salvezza. Alla “folla convocata coi suoi discepoli”, agli uomini allettati da satana a menare vita gaudente, Gesù gridò, “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. In altre parole: i gaudenti si perderanno, i crocifissi si salveranno. Non c’è altra scelta! La domanda da farci è dunque la seguente: noi di oggi, lo abbiamo capito? Nella storia passata e di oggi ci sono molti che hanno capito la lezione di Gesù e si sono fatti santi chiudendosi nei monasteri o partendo per terre lontane, affrontando ogni sorta di mali e difficoltà, praticando il volontariato, accogliendo i poveri, aiutando i bisognosi; ma sono ancora innumerevoli coloro che non hanno capito e hanno come dio il ventre, il sesso, le ricchezze, le vanità di questo mondo; e tuttavia si dicono “discepoli” di Cristo e seguaci di Cristo come Pietro. Beati noi se, come dice Isaia, non opponiamo resistenza alla voce del Signore. Forse non siamo chiamati, come Gesù, a offrire “il dorso ai flagellatori” e la guancia “agli schiaffi e agli sputi”, ma dobbiamo chiederci con l’apostolo Giacomo: “se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti di cibo quotidiano, e uno di voi dice: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve?”.