XIV DOMENICA DEL T. O. – ANNO B
LETTERA (Marco 6, 1-6): Gesù torna a Nazaret coi suoi discepoli. “Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltandolo, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?”. Ed era per loro motivo di scandalo. E Gesù disse loro: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”. E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
ALLEGORIA: Nazaret, patria di Gesù, è allegoria del mondo umano, perché Gesù, facendosi uomo, “venne tra la sua gente”, ma i suoi non lo riconobbero. – I fratelli e le sorelle di Gesù, nel loro rapportarsi a Lui, sono allegoria dell’atteggiamento di molti uomini moderni nel loro rapportarsi con l’umanità assunta dal Verbo, umanità tanto semplice da diventare ostacolo o scandalo per tanti che, a causa di quell’”eccesso di umanità” (“sono un verme, non un uomo, Sal. 22,7), non lo riconoscono neanche come figlio di Dio. – La sapienza e i prodigi sono allegoria del patrimonio spirituale di Gesù, del suo essere Sapienza del Padre, e del suo operare come il Padre: “mio Padre opera e anch’io opero”: ‘o Patèr mou ergàzetai…kagò ergàzomai, Gv 5, 17).
MORALE: Gesù era consapevole che il suo essere e il suo operare potessero essere di scandalo per alcuni, e però disse: “beato chi non si scandalizza di me” (makàriòs estin òs eàn mè skandalisthé en emòi; Mt 11, 6). Si accennava prima a quell’’”eccesso di umanità” in Gesù, che rende difficoltoso – a volte – l’atto di fede, in quanto fa chiudere gli occhi di fronte al “patrimonio spirituale”, straordinario e divino, che pure si estrinseca da quella umanità. Ma Gesù proseguì per la sua strada, stabilita dalla Scrittura, secondo la quale Egli doveva – dopo di essere nato in una grotta – vivere nascosto per 30 anni, e poi morire come un malfattore sulla croce. Ci fu chi si scandalizzò, e chi, vedendolo morire, esclamò: “davvero costui era figlio di Dio!”. Avremo notato quante – troppe! – domande si fecero i compaesani, parenti e “casalinghi” sul conto di Gesù. Segno forse di una certa intelligenza, ma non di quella semplicità d’animo – propria dei fanciulli – che è necessaria per credere che Gesù è il figlio di Dio! – Tutto ciò che è stato detto fin qui, relativamente a Gesù, va detto anche per ciascuno di noi. Non solo perché anche per noi vale il detto di Gesù “Nessuno è profeta nella sua patria”, ma anche perché siamo spesso apprezzati o disprezzati in base ai connotati esteriori, alle apparenze. Ma allorché capita a noi ciò che capitò a Gesù, e non vediamo riconosciuti i nostri meriti, non per questo dobbiamo adeguarci alla mentalità corrente, ma al massimo ci è concesso di “meravigliarci” – come fece Gesù – della stupidità dominante!
ANAGOGIA: anagogia è anche saper guardare più in alto, saper vedere al di là delle apparenze, al di là dello stesso corpo per contemplare l’animo di chi ci sta davanti. Si dice infatti che “le apparenze ingannano”. Anagogia è anche l’attività di chi si impegna a far cambiare le mentalità meschine, a inculturare i valori evangelici nel proprio ambiente, a trascinare gli altri verso l’alto, senza far trascinare se stessi verso il basso. Anagogia è anche, dopo aver rilevato il male, non restare indifferenti, ma “meravigliarsi”, così come – parallelamente – ci stupiamo per le meraviglie dell’universo!
P. Fiorenzo Mastroianni