In quel tempo Gesù disse:«1 Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: «Vado a prepararvi un posto»? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via». 5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». 8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: «Mostraci il Padre»? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. 12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.
Quando Gesù dice “vado a prepararvi un posto”, ci fa pensare a qualcosa di materiale, e quando raccontò la parabola del ricco epulone ci fece immaginare due luoghi lontani e opposti tra loro: uno in alto, chiamato “Seno di Abramo”, e uno in basso, pieno di fuoco e di anime assetate di acqua, come appunto l’ex epulone. I teologi e i biblisti insegnano che l’al di là è un mondo spirituale, e che anche i nostri corpi, risuscitando, si spiritualizzano. Certamente è così, anche se è difficile rispondere a domande come questa: come mai Gesù risorto mangiò davanti agli apostoli? E come mai invitò i discepoli a toccarlo così come si tocca ogni oggetto materiale, mentre gli spiriti sono fantasmagorici? Gesù ha parlato di “posto” e di “dimora”. Ma è difficile dire in che senso! I teologi e i biblisti ci insegnano che il paradiso non è un luogo, ma è una situazione o uno stato di piena felicità dell’anima nel trovarsi in Dio. Non è l’uomo che va in paradiso, ma è il paradiso che entra nell’uomo. Una certezza è innegabile: il paradiso non è solo per le anime, che sono spirito, ma anche per i corpi, che occupano spazio, mangiano e bevono, come fece Gesù dopo la sua risurrezione. Quello che Gesù oggi chiama posto, altrove è detto seno di Abramo ed è anche paragonato a una sala ornata per le nozze dello sposo. Un’altra certezza è che l’uomo nasce in questo mondo, ma non è fatto per questo mondo, se Gesù prepara un posto in cielo, che non svanirà in eterno. Ogni uomo è come una pianticella che, seminata in terra, sarà trasferita davanti al trono di Dio quando si abbellisce di fiori. Questo mondo umano è quasi un’ombra del mondo futuro, che è il mondo reale, mondo della Verità e della vera Vita. Platone intuì questa verità in quanto pensatore. I mistici lo intuiscono nella fede. Gesù disse che è meglio entrare in quel regno senza mani e senza piedi, che essere gettati in un altro “luogo”, dove non c’è gioia ma “pianto e stridore di denti”. Gesù garantisce che sta per andare in paradiso dove prepara un posto ai suoi discepoli, ma nello stesso tempo afferma che i posti già ci sono e sono molti. Potremmo immaginare che corrispondono ai posti lasciati dagli angeli ribelli, allorché furono cacciati dal paradiso come folgori cadenti – disse Gesù – e mandati a vivere nel “fuoco eterno”, come disse ancora Gesù, preparato per loro fin dalla fondazione del mondo. Se le cose stanno così, i posti lasciati vuoti in paradiso furono destinati alle anime sante fin dalla fondazione del mondo, e deve trattarsi di posti inimmaginabili dagli uomini, perché appartenuti ai Prìncipi di tutto il creato, secondi in maestà soltanto a Dio. Tuttavia quei posti restarono vuoti dal principio della creazione fino a 2000 anni fa, quando appunto Gesù disse “vado a prepararvi un posto”, ciascuno per ciascun apostolo, discepolo, seguace di Gesù. Infatti Gesù, duemila anni fa disse: finora “nessuno mai ha visto il Padre”, eccetto Lui che era disceso dal cielo. Con le parole successive, Gesù fece capire che, per andare a occupare il posto preparato per ciascuno di noi, non dipende solo da Gesù, ma anche da ciascuno di noi. Quando Giacomo e Giovanni – o la loro madre – chiesero a Gesù di farli sedere uno alla sua destra e uno alla sua sinistra nel suo regno, Gesù rispose che ciò dipendeva solo dal Padre. Oggi ci fa capire che dipende anche da ciascuno di noi, e ci dice in che modo. Domenica scorsa ci ammonì di non sbagliare la porta. La porta che conduce al paradiso è Gesù. Un’altra volta ci ammonì a non sbagliare la strada: oggi ci dice che la strada che porta al paradiso è Lui. Una strada stretta, che richiede l’ossequio dell’intelligenza e della volontà, oltre il sacrificio del corpo, se necessario. Qui è opportuno seguire il pensiero dell’apostolo Tommaso, che va dal “posto” di cui parla Gesù, al “Padre”, e chiede a Gesù: “Mostraci il Padre e ci basta”. Gesù coglie l’occasione per spiegare che la sua gloria e quella del Padre è la stessa, che Lui e il Padre sono la stessa cosa, che il Padre è in Lui e Lui nel Padre. “Credete in Dio – disse Gesù – e credete anche in me”. Tutto questo si richiede da parte nostra per andare ad occupare il posto che Gesù è andato a prepararci in paradiso. E se per ribadire questa fede ci vien richiesto di rinunziare alla vita terrena, dobbiamo essere pronti, per acquisire la vita eterna. Infatti, Gesù ci dice oggi che Lui è la Via, la Verità e la Vita. Quando tutto è pronto – disse Gesù – “verrò di nuovo e vi prenderò con me, affinché dove sono io siate anche voi”. Dobbiamo credere a tutto questo? Gesù ci risponde a stretto giro di posta: “Se non credete a me, credetelo per le opere che io compio”. E promise che – nella storia futura – anche i suoi santi avrebbero compiuto le stesse opere, ed anche maggiori. Se pensiamo che la Chiesa ha beatificato e canonizzato migliaia di santi, e che per ogni beatificazione e canonizzazione ha richiesto almeno due miracoli operati post mortem, abbiamo la conferma che la promessa di Gesù si è abbondantemente verificata. E se si è verificata questa promessa, si verificherà anche quella di averci preparato un posto in cielo. Conosciamo qualcuno che ha più autorità di Gesù? Può parlarci del cielo chi non c’è mai stato? Solo Gesù poté dire: “Voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Voi siete di quaggiù, io sono di lassù”. Per andare a occupare il posto a noi destinato in cielo, si richiedono tre virtù teologali: fede, speranza e carità. La fede rende credibile e accettabile l’insegnamento evangelico sulla vita futura; la speranza ci dà la certezza che Gesù mantiene la sua promessa; la carità, cioè l’impegno nelle opere di carità verso Dio e verso gli uomini, ci dà il biglietto per andare ad occupare il nostro posto, e godere lo spettacolo della gloria di Cristo che disse: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria” (Gv 17, 24). Gesù poté tranquillizzarci anche su un altro punto, rispondendo a una probabile domanda: “Quanti posti ci sono in cielo?”. La gente chiese a Gesù se erano pochi o molti coloro che si salvano; e Gesù disse che sono molti coloro che imboccano la strada larga che porta alla perdizione; non fu una rivelazione sul numero dei salvati, ma di coloro che imboccano la strada della perdizione; e questi siamo quasi tutti, poiché ogni volta che abbiamo peccato, abbiamo imboccato quella strada, ma una buona parte torna indietro, si confessa, si converte. Invece è una rivelazione quella dei molti posti o dimore in cielo. Se Dio li ha preparati, saranno tutti certamente occupati, perché Dio non fa cose inutili. La Celeste Gerusalemme è così grande e così accessibile che vi si può entrare attraverso 12 porte. Essa è una metafora ed è anche una realtà, perché è fatta di pietre vive, cioè di coloro che – stando sulla terra – accettarono di aderire a Cristo e divennero parti del suo Corpo Mistico, che corrisponde, appunto, alla Gerusalemme del cielo.