Tutto ciò che viene narrato da Luca circa la maternità di Maria viene sempre interpretato come
una “proposta” di Dio e come una libera adesione di Maria alla volontà di Dio, nel senso che Ella
poteva anche rifiutarsi di accettarla.
Ma stando alle parole del Vangelo, Gabriele non andò a proporre o a chiedere il consenso a
Maria, ma andò a informarla di ciò che Dio aveva progettato dall’eternità: la sua divina maternità.
Gabriele le disse: “concepirai… darai alla luce…lo chiamerai…”. Tutti imperativi!
Pur rimanendo libera di mandare all’aria il progetto di Dio, tuttavia non poteva e non doveva
farlo, data la maestà divina.
Non poteva e non doveva opporsi Lei che – col concepimento immacolato – era stata già
preparata alla realizzazione del progetto, e già aveva concepito Dio nel suo cuore prima di
concepirlo nel grembo all’atto dell’annunciazione.
L’essere umano non è libero quando dice no a Dio, ma quando gli dice sì a causa della sua
maestà.
Inoltre, la Madonna accettò di diventare madre di Dio, non per le belle prospettive anticipatele
dall’arcangelo Gabriele circa il nascituro: erediterà il trono di Davide, sarà grande e sarà chiamato
figlio di Dio.
Nessuna donna avrebbe detto di no a tale proposta! Tuttavia Maria accettò solo per obbedire a
Dio e per servirlo come umile “ancella”: “Ecco la serva del Signore. Avvenga in me secondo la tua
parola”.
E’ quindi vero ciò che scrissero i Padri della Chiesa: “Maria piacque a Dio per la sua
verginità, ma divenne madre di Dio per la sua umiltà”.
Fu questa umiltà che le fece accettare alcuni aspetti contraddittori con le promesse di Gabriele,
come quando – portando l’erede di Davide in grembo – fu allontanata dall’albergo, riparò in una
grotta, e dovette adagiare il “divino neonato” in una misera mangiatoia.
E come dovette – Maria – trovare stridenti con quella situazione miserabile gli eventi descritti
dai pastori: mentre il Fanciullo gemeva sul fieno, gli angeli cantavano; mentre tutti soffrivano il
freddo e ogni specie di penuria, gli angeli annunciarono il “gaudium magnum”, cioè la grande gioia
per i figli dell’amore: tois anthropois tes eudochìas (agli uomini amati dal Signore).
Un altro elemento di contrasto e di stridore erano le cose meravigliose che si dicevano di quel
Bambino impotente e tremante. Tutti si stupivano, rilevando forse il contrasto di quella situazione
con le grandi cose che si dicevano del Bambino.
Anche Maria si stupiva, ma non per il suddetto contrasto, bensì per la sublimità delle cose
annunciate e del tutto adeguate alla natura del Divino Bambino, solo a lei note.
Maria non ritirerà mai il consenso dato a Dio, anche quando – lentamente – comprenderà che
la sua divina maternità, il trono, il regno, la regalità, avevano senso messianico e soteriologico: Lei
era diventata la madre del Messia, che doveva immolarsi per la salvezza dell’umanità, coinvolgendo
anche Lei, Agnella senza macchia, nell’unico sacrificio, per mezzo del quale Lei divenne madre
anche di tutti gli uomini
La maternità di Maria fu certamente un dono e un privilegio, ma anche un parto doloroso, e
perciò meritorio.
Quando l’erede del trono di Davide sarà coronato di spine, vestito da Re di burla, proclamato
in tre lingue Re dei giudei, e sarà “elevato da terra”, tutti vedranno – compresa Maria – che il figlio
deposto nella mangiatoia, esule in Egitto, povero falegname, senza casa e senza nido, è “Colui che
è”, l’Io Sono del Monte Sinai.
P. Fiorenzo Mastroianni.

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