Vangelo
Alle mie pecore io do la vita eterna.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 10,27-30
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Parola del Signore.
La parabola del Buon Pastore piace ai bambini e commuove gli adulti. Gesù è il Buono e Bel Pastore, noi siamo le pecorelle. Noi siamo un dono che Dio-Padre fece a Dio- Figlio: “il Padre mio me le ha date”, affermò Gesù.
La commozione si scioglie in lacrime quando si pensa che Gesù – il Buon Pastore – ha dato la sua vita per noi pecorelle. Gesù non è un mercenario che ama i soldi più che le pecore e fugge se si avvicina il lupo. Gesù affrontò il lupo, ci rimise la vita, ma poi la riprese per non lasciare orfane le pecore, e per continuare a proteggerle per tutta l’eternità.
Nel brano evangelico di oggi, Gesù afferma che nessuno può togliere dalle sue mani le pecorelle affidategli dal Padre; e tuttavia egli stesso raccontò la parabola della pecorella smarrita, in cui ammise la possibilità che qualche pecorella abbandoni l’ovile, ma affermò che nessuna pecorella può restare smarrita, poiché egli la ricerca fino a ritrovarla e riportarla con gioia all’ovile: “non andranno mai perdute”.
Ma cosa significa le parole: “Voi non credete perché non siete mie pecore”
Verrebbe da pensare a un libero arbitrio limitato, a una predestinazione al cielo per le anime che Gesù chiama “mie pecore”, che ascoltano la sua voce e la seguono, e a una predestinazione all’inferno per le anime che non appartengono al suo ovile. Non sono mancati teologi, come Calvino, che sostennero questa teoria, sempre negata dalla Chiesa Cattolica, per la quale Dio vuole tutti salvi e Cristo morì per tutti.
Il dilemma si scioglie ricorrendo alla prescienza di Dio: egli sa chi opta per Lui e chi lo rifiuta, avendo egli stesso donato a tutti la libertà di scelta.
Le parole di Gesù vanno intese così: le pecorelle che Gesù chiama sue sono le anime che – con la sua grazia – scelgono di appartenere a lui; nessuno può strapparle dalle sue mani perché egli protegge coloro che lo scelgono. Queste anime possono avere momenti più o meno lunghi di smarrimento, ma non si perdono perché tendono a lui in conseguenza della grazia e dell’opzione fondamentale fatta per Lui.
Dunque, chi si affida a Gesù è certo di raggiungere la salvezza.
“Voi non credete perché non siete mie pecore”. Noi avremmo detto: “Voi non siete mie pecore perché non credete”. Ma queste parole di Gesù non vanno generalizzate, poiché riguardavano quelle precise persone a cui egli le rivolse. Infatti, appartiene al gregge di Gesù non solo chi crede esplicitamente in Lui, ma anche chi ha il “cuore cristiano”, il cuore buono e caritativo. San Paolo esortò i Filippesi ad avere “gli stessi sentimenti di Cristo”. Chi ha la mente e il cuore di Cristo gli appartiene come una pecorella a un gregge, è conosciuto da Gesù e somiglia a Lui nell’amore. Come tale, egli è “benedetto” e destinato al “regno” del Padre celeste. Ci sono nel mondo molti uomini e donne che hanno il cuore di Cristo e fanno le opere di Cristo, benché non lo abbiano mai conosciuto. “Chi non è contro di noi, è con noi”, disse Gesù.
Col brano evangelico di oggi, Gesù vuole insegnarci che Dio ha cura di noi. Non come il Dio aristotelico che è motore immobile. È vero che Dio è tanto grande che potrebbe non curarsi di noi così piccoli; ma la sua grandezza consiste proprio nell’amore che si dona.
E questa è la vera Buona notizia, poiché noi siamo fatti per Dio, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in lui; esso riposa solo in lui.
Gesù è un pastore speciale, che non sfrutta in alcun modo le sue pecorelle, ma dà la vita per esse. I padroni umani delle pecore le sfruttano perché ne ricavano il latte e la lana, vendono e a volte uccidono le pecore. Gesù dona soltanto, dona sempre. Lui è Pastore e Pascolo, perché noi ci nutriamo di lui; Pastore e Agnello (II lettura).
Seguiamo dunque Gesù: ascoltiamo la sua voce, mettiamo in pratica i suoi insegnamenti. Cosa siamo noi senza Gesù? E che Pastore sarebbe Gesù senza noi pecorelle?
Noi, pecorelle del terzo millennio, non vediamo il nostro Pastore se non attraverso persone che non solo lo rappresentano ma lo rendono visibile: essi sono il papa, i vescovi, i sacerdoti, ma anche i genitori, gli educatori. Costoro hanno il compito di guidare alla salvezza le persone loro affidate. E le persone loro affidate hanno il dovere di vedere in essi il Cristo che è sempre vivo nella sua Chiesa.
Preghiamo perché si faccia un solo ovile sotto un solo pastore; chi rifiuta, si giudica indegno della vita eterna (I lettura).
E non ci dimentichiamo della Divina Pastora, un titolo molto caro, attribuito a Maria da qualche Ordine religioso.
P. Fiorenzo Mastroianni


