In quel tempo Gesù disse: 27 «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

LE MANI FORTI DI GESU’
Le poche parole del brano evangelico di oggi mettono in evidenza la piccolezza degli uomini e la forza di Dio. Gli uomini vengono paragonati alle pecore, che hanno bisogno di Qualcuno da seguire. E queseto Qualcuno è Lui stesso, Dio, così grande e forte che le tiene tra le mani e non se le lascia strappare da chi cerca di strappargliele. E quest’altro è satana. Poiché le pecorelle siamo noi, non vale la pensa di soffermarci a riflettere su noi stessi, sulla nostra pochezza, sulle nostre miserie, poiché ci conosciamo bene. E tuttavia non ci conosciamo abbastanza: a noi sfugge la nostra vera grandezza e la nostra preziosità, se Dio stesso, il Grande, il Forte, mostra interesse per ciascuno di noi, ed è persino disposto a lottare col lupo, a farsi azzannare e persino a dare la vita per noi, sue pecorelle. Gesù insinua l’idea che l’uomo è così piccolo che ha bisogno di essere difeso, salvato, e di
ricevere un supplemento di vita “eterna”, altrimenti finirebbe come finiscono le foglie, le formiche;
ma nello stesso tempo fa intendere che vale la pena difenderci, salvarci, donarci la vita eterna. Vale
la pena!…
Tutto questo dovrebbe farci esplodere di gioia, saltare di gioia, ringraziare Dio, osannare alla sua gloria immensa, alla forza della sua mano che ci tiene stretti, anche se siamo miliardi, piccoli come gli atomi, ma splendenti come le stelle. Se fossi un pittore, rappresenterei il vangelo di oggi proprio con una mano grande e forte che stringe piccole stelle a forma di pecorelle!
La mano forte di Gesù è il vero centro del vangelo di oggi. Quella mano delicata che carezzava i bambini, che toccava gli occhi e le orecchie e le guariva; la mano forte di Gesù che afferrò Pietro che affondava nel mare; la mano forte di Gesù che scacciò i mercanti del tempio.
E con la mano le dita: il dito di Dio, che toccò Adamo, che da creta divenne uomo; “quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate». Il dito di Gesù che scriveva i peccati per terra e mise in fuga i peccatori; le dita di Gesù che intinsero il boccone nel piatto e lo consegnarono a Giuda. Di quella mano e di quelle dita parla Gesù nel brano evangelico di oggi, dicendo che ci tiene stretti stretti, se solo crediamo in Lui, Dio forte, Dio santo, Dio immortale.
Dio ci tiene ad essere rappresentato così. Gesù insegnò a santa Faustina Kowalska a concludere la coroncina della misericordia con il “Trisagion”: Santo Dio, Santo Forte, santo immortale”.
Quella mano e quelle dita ci tengono stretti stretti, se ascoltiamo la sua voce e lo seguiamo. Gesù afferma che Lui già conosce chi crede in Lui, chi ascolta la sua voce e chi lo segue. Si tratta della “prescienza” di Gesù, non della predestinazione. Anche se Luca, nella prima lettura, dica che credettero tutti quelli che erano “destinati” alla vita, Dio non redestina nessuno all’inferno, ma sa chi andrà all’inferno e chi andrà in paradiso.
Noi non lo sappiamo, ma abbiamo dei segni caratteristici: noi stiamo stretti stretti nella mano di Gesù se ci impegniamo a seguirlo osservando i suoi comandamenti, praticando i suoi sacramenti, dedicandoci alle opere buone e fuggendo il male. Allora siamo santi con il Santo, forti con il Forte, immortali con l’Immortale.
Nell’Apocalisse – seconda lettura – san Giovanni dice che vide i salvati: erano “una moltitudine immensa che nessuno può contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”. Il vangelo di oggi contiene due parole significative: ascoltare e seguire, che vanno spiegate. Ascoltare il pastore: Gesù si rifà all’immagine tradizionale del pastore che va dietro alle
pecore. Le pecore hanno la caratteristica di incedere con la testa bassa e di seguire quasi ciecamente chi le precede, fino a cadere persino nel fosso. Le pecore hanno bisogno di una voce che le chiami per nome, che indichi la via. Noi abbiamo bisogno di Gesù, il Buon Pastore che – dietro di noi, cioè senza che lo vediamo – ci indichi la via e, se l’ascoltiamo, giungiamo alla meta. Ma Gesù dice che le sue pecorelle lo seguono, vanno dietro, non davanti a lui: infatti, Gesù andava sempre davanti alle folle, specie quando era diretto a Gerusalemme, per indicare a tutti che Gerusalemme, il calvario, la croce, sono la meta a cui deve giungere ogni uomo, alla sua sequela: “Chi vuole seguirmi, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua”.
Ci chiediamo: ma Gesù, Buon Pastore, non ci conduce ai pascoli ubertosi?
Sì…, ma per crucem ad lucem!
P. Fiorenzo Mastroianni

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