LETTERA (Marco 7,1-8.14-15.21-23): gli apostoli passavano buona parte del giorno e della notte nelle acque del mare. Erano uomini “puliti”, a differenza degli altri che – vivendo prevalentemente per strada o per i campi – sudavano, s’imbrattavano, avevano a che fare con ogni specie di animali ecc. Pertanto, quando gli apostoli mangiavano non avevano sempre bisogno di lavarsi le mani, ma – secondo la mentalità dei farisei e dei pubblicani – dovevano lavarle anche se le avevano pulite. Se trasgredivano questa “tradizione”, venivano accusati, contro la legge di Dio che comandava di rispettarli e di amarli. Perciò Gesù, agli scribi e farisei che accusano i suoi discepoli, risponde: “Voi, trascurando il comandamento di Dio, osservate la tradizione degli uomini”; e proclama il principio: “Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro”. Infatti, tutte le cose create da Dio sono per sé buone.

ALLEGORIA: il brano evangelico contiene l’allegoria del “lavarsi”. L’uomo deve cercare di lavarsi dai peccati, perché Dio guarda al bene e al male operato dall’uomo, più che alla sua fisicità. Il lavarsi dalle sporcizie del corpo è utile e necessario quando la sporcizia è reale e non immaginaria, e comunque non è un precetto morale.- Un’altra allegoria si può rilevare nell’”uscire” di certe cose di ordine spirituale dall’uomo: essendo di ordine spirituale, possono solo uscire allegoricamente, non realmente. Ciò che “entra”, invece, entra realmente, cioè il cibo.

MORALE: tutta la creazione si compone di realtà spirituali e realtà materiali, distinte e separate tra loro. L’uomo, invece, è un “sinolo” di anima e di corpo, con evidente superiorità della prima sul secondo, ma i due si influenzano a vicenda. Il corpo ha i suoi pregi e i suoi difetti, e così l’anima, che ha vizi e virtù. I difetti del corpo non possono rendere impuro l’uomo, se non indirettamente, come quando un difetto fisico spinge – ad esempio – l’anima a ribellarsi a Dio. Il vangelo di oggi fa un elenco di vizi che “rendono impuro l’uomo”. E’ un elenco solo esemplificativo, ed è difficile dire se è proprio di Gesù o dell’evangelista Marco. Vale comunque la pena di guardarli in faccia uno ad uno, dividendoli – approssimativamente – in due categorie: 1) vizi propri dell’anima: malvagità, inganno, invidia, superbia, stoltezza;  2) vizi espressi attraverso il corpo: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, dissolutezza, calunnia. I vizi della seconda categoria si effettuano col corpo ma nascono nell’anima, e già nel loro nascere rendono impuro “tutto l’uomo”, secondo il principio: “se uno guarda con occhio avido una donna ha già commesso adulterio con lei”. Al contrario, tutto ciò che avviene nel corpo o attraverso il corpo senza la partecipazione dell’anima, non rende impuro né il corpo né l’anima e tanto meno “tutto l’uomo”.

ANAGOGIA: alla luce di quanto detto sopra, chiunque voglia essere gradito a Dio ed elevarsi verso le verità eterne, deve diventare un uomo “spirituale”, senza trascurare la dimensione materiale. Infatti, è lo spirito che dà la vita, mentre la carne non serve a nulla (tò pnèumà estin tò zoopoioùn, e sàrx ouk ofelèi oudèn; Gv 6, 63).

 

P. Fiorenzo Mastroianni, OFM Cappuccino

 

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