In quel tempo Gesù 39disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? 40Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. 41Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42Come puoi dire al tuo fratello: «Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio», mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. 43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
Luca definisce “parabola” una serie di “detti” di Gesù, apparentemente incoerenti tra loro, ma che potrebbero avere un unico titolo: “Il buono e il cattivo maestro”. Secondo Luca, Gesù raccontò tale parabola ai suoi discepoli, futuri annunciatori del vangelo e futuri maestri della parola.
La piccola serie di “detti” riferiti da Luca intendono insegnare alcuni requisiti per essere buoni maestri
della parola, senza però la pretesa di diventare maestri superiori a lui: “un discepolo non è più del maestro”; “uno solo è il vostro maestro, il Cristo”. Nessuna filosofia, nessuna teoria sarà mai più sublime della dottrina del vangelo. Molte filosofie e molte ideologie sono invece errate e opposte al vangelo, e sono insegnate da cattivi maestri. Per riconoscere gli uni e gli altri, Gesù offrì un criterio empirico: guardare ai frutti, cioè ai risultati della loro vita: “Ogni albero si conosce dal proprio frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo”.
Molte volte Gesù insegnò a fuggire i cattivi maestri, riferendosi in particolare ai farisei, e invitò tutti
ad aderire a Lui, mite e umile di cuore, “santo di Dio”, come lo chiamava persino satana. Che i farisei fossero cattivi maestri, Gesù lo indicò coi continui attacchi alle falsità che insegnavano e ai cattivi esempi che davano. Essi insegnavano dottrine umane anziché la dottrina di Dio. Infatti, Gesù a ripeteva spesso: “Avete sentito dire, ma io vi dico”; e definiva i farisei sepolcri imbiancati, pieni di iniquità, ecc.
I cattivi maestri sono tali per due motivi: sono ciechi intellettualmente, sono corrotti moralmente. Gesù
parla di occhi e di cuore, I farisei erano ciechi che guidavano altri ciechi, ed erano alberi cattivi che producevano frutti cattivi. Gesù volle insegnare ai suoi discepoli che, per essere diversi, cioè buoni maestri, bisognava avere occhi e cuore limpidi. Col termine occhi, Gesù intende la mente, la coscienza, la conoscenza della verità.
Aderendo a Gesù e diventando suoi discepoli, Gesù poteva guarire la loro mente, in modo da far conoscere tutta intera la verità, e poteva trasformali in maestri perfetti della verità. Gesù si autodefinì Via, Verità e Vita. Definì satana maestro della menzogna e omicida. Solo Gesù rende gli uomini liberi, poiché è la Verità che rende liberi.
Il maestro perfetto non solo non deve essere cieco, ma deve togliere dagli occhi tutto ciò che impedisce di vedere bene, una pagliuzza come una trave, che – in proporzione diversa – impediscono di vedere la Verità. Infatti, come puoi dire a un uno “permetti che ti tolga la pagliuzza dall’occhio, se tu stesso
hai un a trave?”.
Ma Gesù intese dire soprattutto che, seguendo lui e non i farisei, egli avrebbe guarito i loro cuori. E’ dal “tesoro del cuore” che l’uomo attinge sentimenti, parole, dottrine sane: “L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene”. E quando il cuore del comunicatore è sano, anche la sua dottrina è sana, le sue parole sono giuste. “L’uomo buono, dal tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male. La sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”.
P. Fiorenzo Mastroianni