LETTERA (Giovanni 16,12-15): oggi è l’undicesima domenica del tempo ordinario, e la chiesa celebra la solennità della Santissima Trinità. I 4 versi del vangelo odierno si adattano perfettamente a tale solennità. Gesù infatti parla di ciascuna delle tre Persone divine, presentandole come distinte, non separate, ma “une” nella sostanza. Dice infatti Gesù: “tutto ciò che il Padre possiede è mio” ( pànta òsa èchei ‘o Patèr emà estin). In realtà il Padre non “ha” nulla (Dio è povero) ma “è” Tutto. Perciò l’espressione di Gesù equivale a questa: “tutto ciò che il Padre è, è mio”, e “tutto ciò che io sono, è del Padre”; o a quest’altra: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (egò kaì ‘o Patèr èn esmen, Gv 10,30). Perciò Gesù poté dire a Filippo: “chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv 14,9), e “io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14,10). La terza Persona, lo Spirito Santo, prende dal Figlio ciò che il Figlio ha preso dal Padre, sempre nella logica dell’essere e non dell’avere. Perciò le tre persone della Santissima Trinità, non “hanno” nulla insieme, ma “sono” tutto insieme. Sono una sola sostanza, e perciò un solo Dio in tre Persone. Ma il brano evangelico di oggi contiene un’altra affermazione di Gesù: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera”. Anche qui va sottolineato che la “verità” di cui parla Gesù non è una realtà logica ma metafisica; Gesù stesso si autodefinì “Verità”, non nel senso che diceva la verità, ma nel senso che Egli “era” ed “è” la Verità, per la sua stessa essenza. Pertanto, la verità, più che “annuncio” è dono della vita divina, affinché Dio sia “tutto in tutti” per sua grazia.
ALLEGORIA: ci troviamo in pieno linguaggio allegorico, poiché Gesù parla di un mistero indicibile. I termini come prendere, essere in, vedere, prendere, sono allegorici perché non hanno un significato fisico e materiale, ma spirituale, di cui gli uomini non hanno esperienza. Sono termini che, come ogni allegoria, rimandano ad altro, di cui avremo piena conoscenza quando saremo nella nuova dimensione dell’eternità.
MORALE: di fronte a misteri come quello della SS. Trinità, gli uomini sono obbligati a credere. Credere nella Trinità è l’inizio della vita nella Trinità. La Trinità – ha detto un teologo – è un mistero vasto come il mare, che l’uomo non può abbracciare, ma può entrarci. Chi non comincia a entrarci con l’atto di fede, non comincia a vivere di quella stessa vita. Così come crediamo a milioni di altre cose, noi ci crediamo sull’autorità dei maestri. Gesù è il più grande, anzi è l’unico Maestro, e lo Spirito Santo, che scruta l’impenetrabile Trinità, ci porta a conoscerla, cioè a viverci dentro.
ANAGOGIA: se per anagogia s’intende l’ideale, il super, il traguardo a cui si tende, la liturgia odierna ce lo addita in pieno e nel suo massimo splendore. Come Maria, che alle Tre Fontane disse “Io sono colei che è nella SS. Trinità”, così anche noi un giorno saremo nella Trinità!