Littera gesta docet: la lettera insegna i fatti.
Quid credas allegoria: l’allegoria cosa credere.
Moralis quid agas: la morale cosa fare.
Quo tendas anagogia: l’anagogia indica la meta.
LETTERA (Lc 4,21-30): l’evangelista Luca continua a narrarci ciò che accadde nella sinagoga di Nazaret, dove Gesù, dopo aver letto in pubblico la profezia di Isaia 61,1-2, affermò che essa si era verificata “oggi” in Lui.
Dopo gli iniziali elogi circa le “parole di grazia” che uscivano dalla sua bocca, quella gente egoista e campanilista non si contentò delle parole, ma voleva miracoli o almeno gesti spettacolari per vantarsi del loro compaesano di fronte agli estranei; dicevano infatti: “Ciò che abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria”. Gesù cercò di spiegare che Dio non è un giocoliere che segue le voglie degli uomini, ma decide Lui se, quando e come intervenire nella loro storia. Dio soccorse, attraverso Elia, una sola vedova durante la carestia, e attraverso Eliseo guarì Naaman, lebbroso siro, non ebreo. Gesù cercò di far capire che egli era il Messia predetto da Isaia, anche se non faceva miracoli nella sua patria. Ma quegli uomini si sdegnarono, portarono Gesù su un precipizio per precipitarlo giù. E Gesù, “passando in mezzo a loro, se ne andò”.
ALLEGORIA: che cosa significa l’episodio lucano? A che cosa allude, al di là del fatto “storico”? Sembra che il narrato contenga almeno 4 insegnamenti: 1) gli uomini di tutti i tempi e luoghi devono lasciare a Dio ogni iniziativa, riconoscendolo come Signore del cielo e della terra e come Padre provvidente anche quando appare il contrario; 2) devono riconoscere in Gesù il Liberatore predetto dai profeti, anche quando – apparentemente in contraddizione con se stesso – invita a portare la croce, e ad accettare anche la morte; 3) non si può dirgli: “quello che abbiamo letto nel vangelo – circa le guarigioni di ciechi, zoppi, lebbrosi, e circa la risurrezione dei morti, e circa la moltiplicazione dei pani e il potere sui venti e sui mari e sugli spiriti maligni – fallo anche oggi, qui, a noi”; 4) chi non accetta queste premesse cade nell’errore dei nazaretani, misconosce Gesù come profeta e figlio di Dio, lo uccide nel suo cuore, nella sua casa, nella storia. Purtroppo, ciò che abbiamo detto è terribilmente attuale, e perciò Gesù, anche oggi, “cammina in mezzo a noi”, ma per andare via da noi, come 2000 anni fa!
MORALE: Gesù pronunzia il famoso detto: “Nemo propheta in patria”, cioè è più facile farsi apprezzare dagli estranei che dai propri amici, parenti e compatrioti. I profeti li abbiamo spesso in casa, ma non vogliamo – colpevolmente – riconoscerli. Inoltre, i nazaretani erano andati nella sinagoga per ascoltare la parola di Dio e per pregare, ma subito dopo progettarono un omicidio. Non avviene anche oggi da parte di certi estremisti ben noti? Ancora: i nazaretani scindono la religione dalla vita sociale, e appaiono religiosi dentro la sinagoga e assassini fuori della sinagoga. Non fanno così anche molti cristiani, che frequentano la chiesa, ma fuori chiesa si comportano scandalosamente?
Infine, i nazaretani apprendono dalla Bibbia la promessa del Messia, ma quando questi si presenta non lo riconoscono perché non corrisponde alle loro aspettative. Dobbiamo adeguare noi stessi al vangelo, o adeguare il vangelo a noi stessi?
ANAGOGIA: quando saremo liberati definitivamente dalla prigionia della terra e andremo nella vera patria; quando ci cadrà dagli occhi il velo che ci impedisce di vedere le realtà vere; quando la presente povertà starà per mutarsi in ricchezza…, allora ci verrà chiesto se abbiamo saputo riconoscere il Cristo in coloro che ci circondano, dai parenti ai più lontani, e se ci siamo comportati con rispetto verso di loro…
P. Fiorenzo Mastroianni