Oggi è la prima domenica di avvento, “tempo forte” che prepara gli animi alla venuta del Signore. La liturgia odierna non parla della venuta prossima di Gesù, ma di quella escatologica.
La prima domenica di avvento segna l’inizio di un nuovo anno liturgico: un anno comincia, un anno finisce. Questo avvicendarsi degli anni e delle cose richiama l’avvicendarsi del tempo e dell’eternità.
La liturgia ci propone perciò un brano evangelico che richiama appunto la fine di questo mondo e il suo assorbimento nell’eternità: “il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte” (Mc 13,24s).
Luca, più sinteticamente, dice: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle” (21,25), e insiste su ciò che avverrà sulla terra: “sulla terra vi sarà angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte” (21,25s).
Quando questo avverrà, nessuno lo sa. Può avvenire fra un milione di anni o mentre leggiamo queste righe. Due cose sono però certe: che avverrà e che sarà terrificante. Molti moriranno per lo spavento.
SI PUO’ SFUGGIRE: è una promessa di Gesù: “Pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21,36).
Chi veglia e prega avrà una duplice “forza”: quella di sfuggire al risucchio del male, del dolore, della morte, e quella di comparire davanti al Figlio dell’uomo, che verrà “con potenza e gloria grande” (Lc 21,27). Ci vorrà una “forza speciale” per alzare gli occhi e contemplare quel fulgore celestiale. Chi non avrà forza dall’alto sarà schiacciato tra il terrore della catastrofe universale e la stessa gloria di Cristo che viene.
L’uomo non sopporta il troppo dolore, né la troppa gioia.
Se la “gloria” di Cristo non gli appartiene, lo abbaglierà con abbaglio mortale! Nessuno infatti può vedere Dio faccia a faccia senza morire. Quando gli apostoli contemplarono il volto luminoso di Gesù sul monte Tabor, caddero per terra, pronunziando parole insensate.
Gesù promette a chi prega la duplice grazia e la duplice forza.
UBRIACHEZZE, DISSIPAZIONI, AFFANNI: Per vegliare e pregare, è necessario non avere lo spirito appesantito dalle “ubriachezze” dell’ateismo e delle ideologie eterodosse, o dalle “dissipazioni e affanni” di questa vita, poiché “dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore”.
Fa riflettere il termine “appesantire”. Ubriachezze e affanni appesantiscono il cuore, la psiche, lo spirito. Quando lo spirito è appesantito, non può incedere speditamente verso Dio. Quando il cuore è appesantito, non può respirare l’aria pura delle vette, perché non può volare!
Bisogna imparare dai santi: tutti, nessuno escluso, hanno adottato i “rimedi” suggeriti da Gesù, per sfuggire alla “ventura ira”. Essi fecero penitenza, pregarono notte e giorno, amarono Cristo come unico Sposo dell’anima.
A che serve all’uomo guadagnare tutto il mondo se poi perde l’anima sua? Chi veglia e prega, non sarà colto a sorpresa da quel giorno, perché lo attende e perché ci si è preparato.
Gesù ne fa un precetto speciale: “Quel giorno non vi piombi addosso improvviso”. Il fatto stesso di farci cogliere all’improvviso è segno di sciattezza spirituale, simile alla stoltezza delle vergini senz’olio e senza luce all’arrivo dello sposo a mezzanotte. Portò l’immagine del “laccio” che si abbatterà “sopra tutti coloro che abitano sulla faccia della terra” (Lc 21,35s).
Quel laccio sarà l’ultima rete gettata nel mare di questo mondo, alla quale nessuno sfuggirà, perché dragherà “pesci buoni e peschi cattivi”, come disse Gesù; spetterà agli angeli separare gli uni dagli altri sulle spiagge dei “cieli nuove e delle terre nuove”.
Chi ritiene improbabile che la fine del mondo capiterà durante la propria vita, facilmente indovina; ma gli sfugge che, se non avverrà la fine del mondo, verrà certamente la “sua” fine. E il discorso vale ugualmente!
ANGOSCIA O LIBERAZIONE? Gesù parla chiaramente di angoscia, paura, morte. Ma per chi? Non certo per coloro che attendono lo Sposo che viene. A costoro, Gesù dice. “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28).
Il Figlio dell’uomo verrà per la salvezza dei buoni e la perdizione dei reprobi.
Scrivendo ai tessalonicesi, san Paolo pregava affinché “il Signore vi faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti”, in modo che, “al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi” voi siate “saldi e irreprensibili nella santità” (1Ts 3,12s).
E Geremia promise giorni “nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda” (Ger 33,14).
Gesù dunque offre tre rimedi per sfuggire all’angoscia e godere della liberazione: levare il capo, pregare, non appesantire il cuore.
P. Fiorenzo Mastroianni