Vangelo
Tu lo dici: io sono re.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 18,33b-37
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Parola del Signore.
Oggi non celebriamo Cristo come Re, ma come Re dell’universo. Egli infatti dimostrò di dominare sugli uomini, sulla natura e su satana. E dopo la risurrezione disse: “E’ stato dato a me ogni potere in cielo e in terra”.
I vari brani evangelici presentano Gesù come Re dei Giudei, come Re d’Israele, cioè relativo a un solo popolo, e come tale limitato nello spazio e nel tempo, ma anche come Re universale ed eterno.
Secondo il vangelo di san Luca, l’arcangelo Gabriele disse a Maria: “colui che nascerà da te sarà grande e verrà chiamato figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc 1, 32s).
Gesù fu “grande” perché Figlio dell’Altissimo e perché capo di un regno eterno.
Natanaele espresse gli stessi concetti quando disse a Gesù: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il Re d’Israele” (Gv 1, 49).
Gli stessi due concetti ritornano nel processo, quando Gesù fu accusato di essersi fatto Figlio di Dio, e Pilato gli chiese se era Re.
Ritornano anche mentre pendeva dalla croce, allorché la scritta sul capo diceva: “Gesù nazareno Re dei Giudei”, e il Centurione esclamò: “Davvero costui era Figlio di Dio”.
Gesù, dunque, era Re per due motivi: come Figlio di Dio era per natura il dominatore dell’universo, che fu creato “per mezzo di lui”, e come uomo era discendente di Davide, da cui ereditò il titolo di Re d’Israele (secondo nome di Giacobbe). Come Re d’Israele non era Re di tutte le nazioni, ma Israele rappresenta tutta la “discendenza” di Abramo secondo la fede, come diremo qui appresso.
Se volessimo approfondire questi due concetti – Gesù Figlio di Dio e Gesù Re universale – non basterebbe il mondo a contenere i volumi, come direbbe l’evangelista Giovanni.
Bisogna anzitutto esprimere la gioia di essere sudditi di un Re che è anche Figlio di Dio, e il cui regno non avrà mai fine.
Vogliamo gioire perché il governo di Gesù non è modellato su quello degli altri dominatori della terra che, come disse Gesù, “opprimono” i sudditi, mentre Gesù li libera. Il governo di Gesù è senza leggi, poiché l’unica legge è l’amore, che non opprime perché è la cosa più agognata dal cuore dell’uomo! Se Dio ci diede i 10 comandamenti, scritti su tavole di pietra, è perché il peccato ha oscurato la mente e il cuore di tutti gli uomini.
E ciechi furono coloro che rifiutarono Gesù come loro Re, dicendo: “Non abbiamo altro Re che Cesare”. Quando le nazioni misconoscono le proprie radici cristiane, rischiano la distruzione, come avvenne per Gerusalemme, sulla quale Gesù pianse perché rifiutò di raccogliersi sotto le sue ali.
Gesù – mentre saliva frettolosamente a Gerusalemme avanti a una schiera di seguaci – si fermò e raccontò la parabola di quell’uomo nobile che partì per ricevere la corona di re, ma alcuni lo rifiutarono; quando tornò con la corona di re, li fece uccidere davanti ai suoi piedi.
Ed è spettacolare la scena del giudizio universale, quando inviterà gli eletti a entrare nel “regno”.
Il regno di Dio è in mezzo a noi, come disse Gesù. Il regno di Dio è Gesù stesso (autobasileia), che sta sempre con noi per educarci a vivere secondo lo stile degli angeli in cielo, nella pace e nella giustizia. Quanto alla giustizia, il Re ha riservato a sé il giudizio e la condanna, dicendo che saremo misurati con la stessa misura con cui avremo misurato gli altri.
L’appartenenza al regno di Gesù non è automatica: se è vero che tutti gli uomini, come creature di Dio, dipendono da Lui, Dio ci ha lasciati liberi di riconoscerlo o meno. Perciò Gesù ribadì a Nicodemo ben due volte: se non nascete di nuovo col battesimo dell’acqua e dello Spirito, non vedrete neppure il “regno” di Dio.
La fede è l’adesione a quel Cristo, a cui il Padre ha dato “ogni potere in cielo e in terra”.
Aderire a Cristo significa “consegnarsi” a Cristo.
Alla fine del mondo scopriremo che il regno eterno di Cristo fu preparato per gli uomini “fin dalla fondazione del mondo”.
L’adesione e la consegna a Cristo esige la fede autenticata dalle opere, poiché la fede senza le opere è morta, cioè è pura illusione. Come i Magi, vogliamo cercare “il re dei Giudei” portandogli i doni della fede (incenso), della speranza (oro), e della carità (mirra, dono di sé fino alla morte).
Le opere sono il servizio di Dio e dei fratelli. “Servire Deo regnare est”. E per essere il primo nel Regno, bisogna rendersi schiavi, esattamente come Gesù, il Re, che visse in mezzo agli uomini “come uno che serve”, e persino nell’altro mondo “si cingerà e passerà a servirci”.
Gli uomini sono chiamati a regnare con Cristo: siamo un popolo regale. “Beati i miti perché erediteranno la terra”. “Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono” (Ap. 3,21).
Oggi è la festa del Re, ma non dobbiamo dimenticare la Regina, la quale è colei che ci donò il Re, e che fu da Lui coronata Regina del cielo e della terra.
Fiorenzo Mastroianni