In quel tempo 38 Gesù diceva nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». 41Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. 43Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
La prima parte del brano evangelico di oggi ci spaventa, perché Gesù parla di “condanna più severa” per alcuni atteggiamenti umani considerati innocenti, come il passeggiare in larghe vesti o il ricevere saluti nelle piazze o l’occupare i primi posti nelle assemblee.
Pretende forse Gesù che noi vestiamo da straccioni, rifiutiamo i saluti degli amici e ci rifiutiamo di occupare i primi posti nelle sale?
Certamente no. Gesù stesso indossava una tunica lunga e senza cuciture, intessutagli addosso dalla madre, incedeva sempre avanti a tutti, e sedeva avanti a tutti per insegnare.
Il vangelo va preso nel suo insieme, poiché le singole frasi potrebbero esprimere concetti contrari alle intenzioni di Gesù, come quando dice: “Chi non odia il padre e la madre non può essere mio discepolo” (Lc 14,26), volendo solo dire: chi ama me “meno” di quanto ama sua madre… I vangeli che conosciamo sono infatti una traduzione dall’ebraico in greco, per cui le parole e le frasi assumono a volte significati diversi. Volendo portare un esempio: in inglese l’espressione “How do you do?” significa come stai? in italiano si traduce “Come fai tu fare”, che non significa niente.
Gesù non intese condannare alcuni atteggiamenti umani innocenti, ma la malizia che alcune volte essi esprimono. Ad esempio: se uno si veste in modo sgargiante per affermare la sua superiorità, per disprezzare gli altri, per umiliare i poveri, certamente agisce in modo riprovevole.
Gesù chiarisce bene il suo pensiero quando sottintende che gli scribi, per vestire alla maniera sgargiante, divoravano le case delle vedove; si atteggiavano a santi pregando a lungo per rendersi credibili agli occhi dei semplici per sfruttarli.
Gesù non era un malpensante né un pessimista ma, come dice san Giovanni 8,25, “sapeva tutto ciò che passa nel cuore umano” (eghìnosken tì èn en to anthròpo).
Gesù non si lasciava intimidire dalle vesti sgargianti dei ricchi, poiché scopriva le loro magagne e le condannava pubblicamente, senza “guardare in faccia a nessuno”.
Gesù non si lasciava ingannare dai falsi santi, che egli chiamava “sepolcri imbiancati”, esternamente sono belli, ma pieni di putredine dentro.
Gesù trattava da deficiente chi correva per accaparrarsi i primi posti: “Quando sei invitato a nozze, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: «Cedigli il posto!». Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: «Amico, vieni più avanti!». Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali” (Lc 14,7-14).
La seconda parte della pagina evangelica di oggi sembra slegata dalla prima, mentre ne è la continuazione: infatti anche nella seconda parte si parla di persone che – come gli scribi – fanno bella mostra di sé gettando nel gazofilacio molte monete; ma ne rappresenta anche il contrario, nel senso che nella prima parte gli scribi pensano a prendere, nella seconda parte i ricchi stanno nell’atteggiamento del dare.
Un altro tipo di contrasto si coglie nella fiducia in se stessi da parte degli scribi e dei ricchi, e nella totale fiducia in Dio da parte della vedova povera.
La seconda parte è molto commovente, poiché riguarda una donna vedova e povera al punto da non avere nulla di cui nutrirsi; possedeva solo pochi spiccioli per comprare un poco di pane, ma preferì restare digiuna per offrirli al tempio.
Gesù osservò il gesto della donna, forse si commosse, e volle proporla come esempio ai suoi discepoli, che appaiono distratti. Egli infatti, “chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: “In verità vi dico, questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.
Gesù pone sulla bilancia la “parte del superfluo” dei ricchi, e il “tutto” della vedova. Essa pose tutta la sua fiducia in Dio, poiché non diede del suo a un povero come lei, ma a Dio stesso, abitatore del tempio.
Agli occhi di Dio “il poco” della vedova divenne “il tutto”; il molto dei ricchi divenne “parte del superfluo”.
La vedova del vangelo richiama la figura della vedova di Sarepta, che aveva solo un pugno di farina e un po’ di olio per l’ultimo pranzo sulla terra e per morire di fame dopo. Ma credette alle parole del profeta Elia, al quale donò la focaccia destinata a lei e al figlio, e Dio rese inesauribile la farina della giara e l’olio dell’orcio.
Gli insegnamenti sono chiari:1) non è giusto sentirci superiori agli altri perché abbiamo più soldi o più vesti sgargianti o più palazzi o più auto nel garage; 2) dobbiamo porre tutta la nostra fiducia in Dio, che ricompensa anche per un bicchiere d’acqua con una misura piena, colma e traboccante, come disse Gesù: “Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6, 35-37).
Dio ci ha dato l’esempio della massima generosità, creando miliardi di stelle, di animali, piante, esseri umani, e donando la propria vita per gli uomini.
Essere generosi non solo in senso economico, ma in tutto, aiutando, collaborando, donando. Donando, non tanto le cose o il denaro, ma me stesso: il merito è proporzionato non alla quantità delle cose donate, ma alla quantità del mio amore donato.
Fiorenzo Mastroianni