In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora».

Parola del Signore

La parabola delle dieci vergini fa sorgere delle domande inquietanti: a)come può Gesù mandar via delle giovani donne che vogliono stare con lui? Non ha detto lui stesso: “colui che viene a me, io non lo caccerò fuori”? (Gv 6, 37). Perché le respinse? perché avevano dimenticato di prevedere l’imprevedibile-il ritardo dello
sposo – e non avevano acquistato l’olio di riserva. Potevano mai pensare che lo Sposo avrebbe tardato tanto? E’ lecito chiedersi anche: come poté lo sposo ammettere alla sua presenza le cinque ragazze egoiste che negarono di dare un poco di olio alle compagne? Queste domande trovano le risposte se poniamo al centro della parabola non le vergini ma l’olio come simbolo delle virtù cristiane, senza le quali non si è graditi a Dio, né ci si può salvare. Chiunque dimentica questo e non provvede in tempo a rifornirsi soprattutto di fede e di amore, prima dell’incontro con lo Sposo che è Cristo, è evidente che non può stare con lui.
Non dobbiamo confondere il desiderio umano della felicità–che hanno anche gli atei- col desiderio di Dio. C’è una prudenza spirituale che ci rende previgenti circa le cose future, e non dobbiamo confonderla con la prudenza dei figli di questo mondo, tutta diretta all’accumulo di cose terrene. Gesù disse che “i figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce” (Lc 16, 8). Le cinque vergini “stolte” e imprudenti si ritrovarono sprovviste del necessario nel momento
indilazionabile per unirsi allo Sposo. Si noti che nella parabola si parla solo dello Sposo, perché le Spose erano le 10 vergini.
Le virtù sono come il passaporto per entrare in cielo; senza di esse, lo Sposo ci dice: “Non vi riconosco!”; esse sono come la veste nuziale, senza la quale si è esclusi dalla festa di nozze; esse ci rendono riconoscibili come figli di Dio e come cittadini del paradiso. Una ragazza bella attira l’attenzione del possibile sposo, il quale la sposerà a condizione che, oltre ad essere giovane e bella, sia anche virtuosa, cioè amabile, servizievole, generosa ecc. L’olio rappresenta qualcosa che va oltre la bellezza e rappresenta la virtù, cioè la qualità irrinunciabile per diventare sposa del Signore. Quanto alle cinque ragazze sagge–apparentemente egoiste perché non vollero dare il loro olio alle stolte – è bene notare che le virtù – raffigurate nell’olio – si acquisiscono, non si acquistano. La notte simboleggia proprio l’impossibilità di acquistare qualcosa, perché la notte è tenebra, è assenza di vita e di luce. Le virtù sono come la forza fisica, la quale si acquisisce con l’esercizio, ma non si può trasmettere da una persona all’altra. Le virtù si acquisiscono con l’esercizio, come fanno gli atleti. Prima, però, bisogna che le chiediamo al Signore, e una volta concesse, dobbiamo esercitarle. Dunque, la parabola odierna contiene almeno due insegnamenti fondamentali: a) che non si può entrare in cielo senza il bagaglio delle virtù, specie la fede-speranza- carità; b) queste virtù bisogna dimostrare di averle nel momento in cui arriva lo Sposo. Non è la prima volta che Gesù paragona se stesso allo sposo. Già il Battista lo chiamò tale quando disse, all’inizio della vita pubblica di Gesù: “Chi ha una sposa è sposo”. E Gesù ha una sposa, che è tutta l’umanità, o meglio l’umanità che si rende degna di lui. Quanto all’arrivo dello Sposo, possiamo andare col pensiero al giorno e all’ora in cui Gesù chiamerà ciascuno di noi: allora dobbiamo farci trovare con le lampade accese, ben forniti di fede e di amore. Nei primi tempi della Chiesa si verificò un fenomeno strano, che preoccupò molto i vescovi: molti cristiani erano convinti che Gesù sarebbe tornato in terra durante la loro vita, e perciò si ritiravano nel deserto per vivere vita solitaria. Era un bene? E possibile che alla loro morte furono trovati privi dell’olio della carità Altri, al contrario, nei due millenni che ci separano dalla nascita di Cristo, hanno creduto che Cristo non sarebbe tornato affatto durante la loro vita terrena, e perciò si sono dati alla pazza gioia. “Chi vuol esser lieto, sia: di domani non c’è certezza” cantava Lorenzo de’ Medici. E’ possibile che costoro, alla loro morte, furono trovati privi di fede e di carità E noi, cioè io, tu, abbiamo con noi il “supplemento” di fede e di amore da donare a Gesù quando – non sappiamo il momento – verrà per unirsi sponsalmente a noi? Non a caso Gesù dice nella parabola odierna che si addormentarono sia le vergini sagge che le stolte, cioè tutte. Essere “vigilanti” non significa tanto non addormentarsi, quanto prevedere il sonno delle crisi, delle cadute, dei raffreddamenti nella fede, e prepararvisi adeguatamente, riaccendendo continuamente la fiaccola della fede e dell’amore.
P. Fiorenzo Mastroianni

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