In quel tempo Gesù espose loro una parabola, dicendo: 44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. 45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. 47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 51Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Sappiamo bene che, quando giunge la morte, bisogna lasciare tutto, e che “se la morte prendesse denaro sarebbe più ricca del mare”, secondo un antico detto. Cosa non daremmo in cambio della vita? Ma la vita terrena è impagabile, la morte non fa sconti, ed è una “livella” per ricchi e per poveri! Stranamente, invece, la vita eterna si acquista e si paga, o meglio, si baratta con la vita terrena. Lo dice Gesù: se vogliamo ottenere la vita eterna, possiamo e dobbiamo pagare un prezzo paragonabile a quello di un grande tesoro o di una perla molto preziosa. Più chiaramente, Gesù dice che il tesoro della vita eterna costa quanto “tutto quello che abbiamo”, se vogliamo acquistarlo. Sono pochissimi quelli che accettano, perché sono pochissimi coloro che sono disposti al baratto! All’inizio della storia cristiana lo capirono gli apostoli, poi le migliaia di anacoreti del deserto, poi i monaci, i martiri e i santi che diedero letteralmente la vita fisica in cambio della vita immortale. Dal tempo di san Francesco i religiosi emettono i voti di povertà, castità e obbedienza, rinunziando ai beni terreni, alla vita sessuale e alla vita di uomini liberi, per diventare schiavi di Cristo e per ottenere la vita eterna. Non è un modo di dire, non è una favola, non un miraggio come i laghi nel deserto, ma è la pura verità, perché ne ha parlato Gesù in modo molto chiaro. Ma Gesù aggiunge un particolare calzante nella prima parabola odierna, e cioè che bisogna “credere”. Chi non crede non si spoglia di tutto, almeno spiritualmente. Ma credere in che cosa? Che il tesoro è lui stesso, cioè Gesù, il quale “sta nascosto in un campo”. Solo chi acquista il campo si impossessa di lui, che è la Via, la Verità e la Vita. Che c’entra il campo? Non bastava parlare del tesoro? Cos’è il campo in cui è nascosto il tesoro, per amore del quale bisogna acquisire il campo? Il campo è chiaramente la Chiesa, nella quale noi troviamo la Parola – che è chiave di salvezza – e i sacramenti che ci traghettano alla vita eterna, perché tutti i sacramenti hanno come centro l’Eucaristia, che è Cristo stesso Salvatore. Questa è una risposta a tutti coloro che dicono di credere ma non praticano, dicendo: Cristo sì, la Chiesa no. Non possono sfuggire le continue allusioni di Gesù alla sua Chiesa, la quale è il campo di grano, è la rete, il campo, l’albero ecc. Con la terza parabola odierna, Gesù ci dice chi sono coloro che credono e sono disposti a pagare, questa volta per attraversare il mare: sono i pesci sani, i pesci forti, i pesci buoni. Col termine pesci, Gesù intende gli uomini e le donne di buona volontà e amati da Dio. Senza la grazia, infatti, dice Biagio Pascal, non si può diventare santi, e chi nega questo non sa cosa vuol dire santo e quanto debole sia ogni uomo. E quelli che non sono disposti a pagare, quale fine faranno? Gesù è molto chiaro, e quasi crudele nella risposta: essi sono come i pesci morti e corrotti, che vengono gettati via, cioè allontanati dal paradiso, dalla vita eterna e da Dio; altrove dice che sono “maledetti”, gettati nel fuoco eterno, dove “c’è pianto e stridore di denti”! Il libero arbitrio non è libero, perché siamo obbligati a scegliere: per Dio o contro Dio! E anche il non scegliere è una scelta, purtroppo negativa. Per fortuna, questo non è tutto il vangelo, che significa “buona notizia”. Oggi Gesù non parla della gloria e del vantaggio di scegliere Dio e il paradiso! Ne parla in altri brani evangelici, accennando alla “grande festa” che si fa per un peccatore pentito, all’anello d’oro, ai calzari, al vitello grasso, al banchetto, alle vesti preziose di cui sarà vestito chi sceglie il Padre, Dio, che ci dichiara eredi del regno. Il vangelo di domenica scorsa chiudeva dicendo: “Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti”. Facciamo nostra la preghiera di Salomone, che piacque a Dio: “Signore, dammi un cuore docile che sappia distinguere il bene dal male”, la sostanza dagli accidenti, l’eterno dal fuggevole, l’utile dal disutile.

P. Fiorenzo Mastroianni

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