Marco 6,30-34

30 Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. 31 Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. 32 Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
33 Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. 34 Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Marco e Matteo ci hanno raccontato nelle domeniche scorse come Gesù inviò gli apostoli a due a due per le strade della Palestina per guarire gli ammalati, liberare gli ossessi, risuscitare i morti e predicare la conversione, dandoci la sensazione che Gesù li mandò prima a fare del bene ai corpi e poi alle anime. Anche oggi Marco conferma che gli apostoli tornarono da Gesù per raccontargli prima ciò che avevano “fatto” e poi ciò che avevano “insegnato”. Questa riflessione non può non condurci ad altre, di cui la più immediata è questa: le opere buone sono per se stesse un insegnamento. Papa Francesco dice che san Francesco insegnava “anche” con la parola, volendo dire che insegnava soprattutto col suo esempio di dolcezza, di semplicità, povertà, gioia in Cristo. I biografi parlano della sua “predica del buon esempio”: poiché intorno a lui si era radunata molta gente, san Francesco si coprì il capo di cenere, si chiuse in raccoglimento, e fece un giro per la piazza, inducendo al pianto e alla conversione la gente. Il Papa Paolo VI disse che anche gli uomini della nostra epoca hanno bisogno più di Modelli che di Maestri. Tuttavia resta sempre valido il binomio dettato da Gesù e vissuto da Gesù, che OPERÒ E PARLÒ; e lo stesso san Francesco istituì il primo Ordine missionario della storia. San Pietro, quando Gesù era salito al cielo e sentì il peso della sua responsabilità di capo della Chiesa, pensò bene di incaricare i diaconi per servire alle mense, affinché gli apostoli si dedicassero alla predicazione. La predicazione è importante quanto la lettura dei buoni libri, per conoscere Dio e per sapere cosa piace a Lui. Anche per questo, san Francesco volle che sant’Antonio insegnasse la teologia ai Frati. L’immagine dei Dodici intorno a Gesù, che raccontano la loro meraviglia per i miracoli operati, e soprattutto per il potere sui demoni, è significativa. Anche noi ci meravigliamo, e ci domandiamo come fu possibile che dei semplici pescatori giungessero a tanto. Significa che Gesù, non solo possedeva in proprio il potere sulla natura, in quanto figlio di Dio e creatore, ma poté comunicarlo anche ad altri, come fa fino ad oggi coi santi, come Padre Pio, e la Madonna nei suoi santuari di Lourdes, Fatima, Medjugorje ecc. L’importante, dunque, è dedicarsi con tutte le proprie energie al bene materiale e spirituale del prossimo; ma anche qui non bisogna, esagerare, e ricordarsi che anche l’apostolo ha bisogno di recuperare le forze e di riposarsi. Anche di questo parla il vangelo di oggi. Gesù con gli apostoli si ritirarono in un luogo desertico, per RIPOSARSI UN . Molti, infatti, accorrevano, e non davano loro neanche il tempo di mangiare. Gesù riconosce il diritto al riposo e lo benedice, a condizione che ci riposiamo in lui e con lui. E’ interessante l’espressione “un poco”. Alcuni riposano tutta la vita, ma san Paolo ordinò: “Chi non lavora non mangi”. “Col sudore della tua fronte ti guadagnerai il pane”, disse Dio ad Adamo. Il tempo del riposo è l’eternità, chiamato da Dio “il luogo del mio riposo” Dobbiamo riflettere anche sul fatto che molti – per riposarsi – scelgono vacanze peccaminose e lontane da Dio o dimentiche di Dio, nei deserti di satana. Molti altri – invece – scelgono il riposo degli esercizi spirituali, nel deserto di Dio. Nella seconda parte del vangelo di oggi ci sono alcune espressioni molto belle e interessanti. La prima dice che la GENTE INTUIVA DOVE SI PORTAVA GESÙ, e si facevano trovare già sul posto quando Gesù arrivava con gli apostoli. Gesù e gli apostoli si spostavano da nord a sud della Palestina, e attraversavano in lungo e in largo il lago di Genezaret. Bisognava cercarlo o seguirlo. Come sarebbe bello se anche oggi le folle cercassero Gesù, il quale non gira più di luogo in luogo ma si trova in ogni luogo, in ogni chiesa e persino nelle nostre case. Non c’è bisogno di farsi spazio tra la folla, perché è Lui stesso che viene a noi e dentro di noi, in special modo tramite l’eucaristia e i sacramenti. Gesù si rende visibile attraverso i suoi sacerdoti e attraverso i santi, che continuano a operare miracoli nel nome di Gesù Un’altra espressione che brilla come una perla nel brano evangelico di oggi è: Gesù aveva COMPASSIONE della folla. Aver compassione vuol dire immedesimarsi delle sofferenze degli altri, in modo da soffrire con chi soffre e gioire con chi gioisce, come dice l’apostolo. Ma sembra che il vero motivo della compassione di Gesù fosse non tanto la sofferenza e le malattie della gente, quanto il loro smarrimento, essendo come PECORE SENZA PASTORE. Non c’è sofferenza maggiore della solitudine, dell’abbandono, della mancanza di punti di riferimento. E quella gente mancava di punti di riferimento, perché i loro sacerdoti pesavano solo a impinguare se stessi, come leggiamo nella prima lettura. Fu questo il motivo per cui Dio mandò suo figlio sulla terra, affinché fosse lui stesso la guida e il pastore. I missionari, i sacerdoti, i predicatori non devono sostituirsi a Gesù, ma lo devono rappresentare. E i fedeli devono avere la certezza che, avvicinando un sacerdote santo, si avvicinano a Gesù. Nel nome di Gesù, la Chiesa – sacerdoti e fedeli – devono essere punto di riferimento per i lontani, gli smarriti, i dimenticati, gli abbandonati.
P. Fiorenzo Mastroianni

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