In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Il brano evangelico di oggi ha come centro il Cristo, ma anche le persone che hanno legami importanti con lui: i profeti, i giusti, i discepoli. Per se stesso, Gesù chiede il massimo dell’amore, superiore a quello che si ha verso la propria madre; e per i suoi chiede che non si neghi loro nulla, neanche un bicchiere di acqua. Il punto da sottolineare è pertanto la centralità del Cristo e di coloro che appartengono a lui. Può sembrare un discorso egoistico, e sembra che Gesù obbedisca anche lui alla legge istintiva – propria dell’uomo – di porsi al centro di tutto. Invece, tutto ciò che Gesù ci dice oggi sa di puro altruismo, nel senso che l’amore verso di lui porta il massimo dei benefici agli uomini, ed anche nel senso che insegna a ciascuno di noi ad essere altruisti. E Lui stesso ci diede l’esempio, donando la sua vita per noi. I motivi generali per cui Gesù pone se stesso al centro sono molteplici: a) Lui è di fatto il cuore dell’universo, perché è Dio e uomo; b) senza Dio, né noi né i nostri genitori esistiamo; c) senza Dio, né noi né i nostri genitori rimaniamo in vita e respiriamo; c) senza Dio né noi né i nostri genitori continuiamo a vivere dopo la morte e non andremmo in paradiso. E’ dunque un dovere di gratitudine amare Dio e il suo figlio Gesù perché “per mezzo di lui” fummo creati, “per mezzo di lui” siamo salvati, e “per mezzo di lui” passeremo da questa vita terrena a quella celeste. Adesso abbiamo capito perché Gesù disse: “chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me”: non è solo un motivo di gratitudine, ma è una necessità per le povere creature umane. La salvezza eterna dell’uomo avviene infatti attraverso quattro passaggi imprescindibili, in cui si rende presente Gesù Cristo: a) APRIRE LE PORTE: l’autore biblico dice che, dopo il peccato, Adamo ed Eva furono cacciati fuori dal paradiso, e gli angeli con la spada fiammante furono posti a guardia dell’Eden (Gen 3,24). Quando venne sulla terra il Figlio di Dio, confermò con chiare parole che, dal momento del peccato originale, e fino a duemila anni fa, nessun essere umano mise mai piede in paradiso. Parlando infatti con Nicodemo, Gesù confermò: “Nessuno mai è salito al cielo, eccetto il figlio dell’uomo” (Gv 3,13) , cioè Gesù, il quale, dunque, riaprì le porte del cielo, e pregò il Padre: “Padre, io voglio che dove sono io là siano anche i miei discepoli”, “affinché contemplino la mia gloria” (Gv 17, 20-26)… b) PAGARE L’IMPORTO: per entrare in paradiso bisognava restituire a Dio la gloria sottrattagli con la disobbedienza. Ciò fece Gesù, incarnandosi e obbedendo in tutto al Padre fino alla morte in croce. E mentre “pagava” con la croce il prezzo del riscatto, poté dire a colui che lo pregò: “Oggi stesso sarai con me in paradiso” (Lc 23,43). Infatti, quando Gesù fu elevato sulla croce, attirò a sé tutta l’umanità. c) LA NAVICELLA: per andare in paradiso, bisogna affrontare un “lungo viaggio”, come disse Gesù. Ma l’uomo non ha né le ali né altro mezzo per intraprendere tale “lungo viaggio”. La navicella è Gesù, che disse: “Senza di me non potete fare nulla”. Ma non dobbiamo pensare che davvero Gesù disponga di una navicella o che ci prenda in braccio uno ad uno per trasferirci dalla terra al cielo. Sarebbe un rapporto del tutto estrinseco con Lui, che invece ha fatto qualcosa di molto più personale e degna di un Dio: egli, attraverso la fede e la pratica dei sacramenti, specie l’Eucaristia, ci assimila a lui. d) ASSIMILARCI A LUI: i misteri più grandi della fede cristiana sono la Trinità, l’Eucaristia e la Comunione dei santi, attraverso la quale i santi diventano quasi una sola persona con Gesù e diventano “realmente” figli di Dio. “Io sono la vite, voi siete i tralci” (Gv 15,1ss). “Chi mangia me, vive di me” (Gv 6,57). “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,19s), disse san Paolo. Adesso abbiamo capito perché Gesù disse: “chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me”: non è solo un motivo di gratitudine, ma è una necessità per le povere creature umane. E abbiamo capito perché dà un premio a chi offre un bicchiere d’acqua all’altro: dobbiamo donarci reciprocamente l’uno all’altro, perché siamo una sola cosa in Cristo. Ma chiediamoci perché Gesù, ogni volta che parla dell’amore, parla di donazione e di sacrificio. Diventare una sola cosa con Gesù significa agire come ha agito Gesù: a) Gesù ha sacrificato la sua vita per noi; b) Gesù accolse tutti coloro che andarono a lui. Questo dobbiamo fare anche noi: donarci e donare tutto, dalla vita a un bicchiere d’acqua. Amare e donare significa sempre sacrificarsi: cosa non si fa per diventare più belli, più forti, più dotati degli altri! Cosa non si fa per primeggiare e prevalere sugli altri… La misura dell’amore corrisponde alla capacità del soggetto di donarsi al suo oggetto. Sacrificarsi per se stessi appare più agevole che sacrificarsi per gli altri; ma sacrificarsi per gli altri è sempre più gratificante; persino per Dio. Essendo perfetto e non potendo fare nulla per stesso, pose la sua gloria nel donarsi al “cosmo”. “Cosmo” è il termine usato da Gesù nel suo dialogo con Nicodemo, quando disse: “Dio ha tanto amato il cosmo da dare il suo figlio unigenito”. Cosmo vuol dire bellezza, e riguarda tutto il creato, dagli esseri inanimati agli uomini. La bellezza è lo splendore del bene: e infatti Dio vide che il creato era buono, e perciò bello. Cosmo è quasi il tu di Dio, perché ne è il vestigio, l’immagine, la proiezione. Quando il cosmo deturpò la sua bellezza col peccato, Dio venne in suo soccorso, donandogli il suo Unigenito. Ma non era sufficiente, senza permettere all’uomo di diventare una sola cosa con Lui!