Sei giorni prima della festa solenne di Pasqua,
il Signore entrò in Gerusalemme.
I fanciulli gli andarono incontro
con i rami di palma nelle mani.
A gran voce acclamavano:
*Osanna nell’alto dei cieli.
Benedetto tu che vieni con l’immensa tua misericordia.
Alzate, o porte i vostri archi,
alzatevi soglie antiche,
ed entri il re della gloria.
Chi è questo re della gloria?
Il Signore degli eserciti è il re della gloria.
* Osanna nell’alto dei cieli.
Benedetto tu che vieni con l’immensa tua misericordia.
La liturgia della messa propone la storia della passione e morte di Gesù secondo il vangelo di Luca, che sarà letto anche nel prossimo venerdì santo.
Rimandiamo perciò le nostre riflessioni sulla passione e morte al prossimo venerdì, mentre ci soffermiamo oggi sul significato dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme.
Un ingresso trionfale, in un’atmosfera di grande festa, di canti e di osanna al Figlio di Davide, che oggi in tutte le chiese del mondo si cerca di rappresentare con processione e canti appropriati.
Secondo la narrazione evangelica, la festa iniziò alla periferia di Gerusalemme, proseguì nella città e si concluse nel Tempio
Il Monte degli ulivi stava infatti alla periferia della città, e da lì Gesù mandò a prendere il puledro da cavalcare: un “puledro sul quale non è mai salito nessuno”, disse Gesù.
Che senso ha questa cavalcata trionfale e regale per le vie di Gerusalemme con puledro e asina, e poi nel Tempio? Che senso hanno le palme, i mantelli, le “fronde tagliate nei campi” e sparse per terra, il profumo e i canti di osanna?
Benché Gesù, dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci scomparve perché volevano farlo Re, l’episodio che celebriamo ci induce a non escludere che, questa volta, Gesù non avrebbe disdegnato di accettare la volontà popolare, come mostrerebbero alcuni segni speciali: l’accenno all’acquisto di spade, il gradimento degli osanna “al Figlio di Davide”, a “colui che viene, il Re” (Basilèus), “Benedetto il Regno (Basilèia) che viene del nostro padre Davide”. Secondo la teologia francescana il Verbo si sarebbe incarnato anche senza il peccato di Adamo, per essere il Re e il Centro del creato: tutto è per l’uomo, l’uomo è per Cristo e Cristo è per Dio, dice san Paolo (1Cor 3,22s)!
Ma l’effimero entusiasmo dei discepoli, benché “numerosissimi” (plèistos) non fu sufficiente per la realizzazione di questo primitivo piano di Dio.
Poco dopo Gesù pianse su Gerusalemme poiché in quel giorno i suoi abitanti non riconobbero ciò che andava davvero a loro vantaggio, non unendosi alle voci che lo acclamavano Re di pace, mentre il Cesare, che avrebbero da lì a poco invocato, li avrebbe distrutti, insieme alle case e al Tempio.
Gesù venne per il popolo di Israele, ma certamente non solo per loro, e Gesù dovette cambiare metodologia per conquistare “tutte le creature”: non più attraverso il “popolo di Dio” dell’Antica Alleanza – raffigurato nell’asina – ma attraverso uomini “nuovi” -rappresentati dal puledro – predicatori di una “Nuova Alleanza” e di un “nuovo comandamento”.
Se i canti e le palme rappresentarono la gloria di Cristo Re, le vesti e i mantelli stesi sul puledro e persino per terra potrebbero rappresentare la bellezza e la ricchezza di un regno “teocratico” quale sarebbe stato quello di un Cristo “Re di questo mondo”, di cui il popolo si privò volontariamente, invocando la maledizione sui propri figli, cioè sulla storia futura del mondo.
Ma Gesù non si lascia escludere facilmente: se gli uomini smettono di osannarlo, le “pietre” della terra lo vogliono e lo invocano.
Concludendo la marcia trionfale nel tempio (Mc 11,11), nel quale i fanciulli continuarono a gridare “Osanna al Figlio di Davide”, non ostante il divieto da parte dei sacerdoti dell’Antica Alleanza, Gesù volle significare che, pur non essendo “Re di questo mondo”, era certamente Re dell’universo spirituale delle anime; e che, quando quel Tempio di pietre sarebbe stato abbattuto, lasciando pietre su pietre, Lui stesso sarebbe stato Nuovo Tempio, Nuovo Altare, Nuovo Sacrificio, Nuova Legge e Legislatore.
Questa novitas è rappresentata dal puledro “sul quale mai nessuno era montato”!
P. Fiorenzo Mastroianni


