La frase conclusiva del brano evangelico di oggi ha un’importanza fondamentale. In essa bisogna cogliere il motivo per cui noi esistiamo, cioè la gloria di Dio, e il modo per rendere tale gloria, tramite il compimento delle opere buone. Disse infatti Gesù ai suoi discepoli: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”. Per rendere gloria a Dio bisogna conoscerne l’esistenza e la natura di Padre buono, creatore e redentore. Dio si conoscere tramite l’intelligenza, la quale ha bisogno di essere illuminata dalla luce della Verità. Dio viene onorato tramite la volontà di bene, e viene disprezzato tramite la volontà del male. Non basta, quindi, conoscere Dio per essere buoni e perfetti, come ritengono gli gnostici, ma bisogna servirlo obbedendo ai suoi comandi e osservando i suoi comandamenti, cioè i 10 comandamenti mosaici vissuti nello spirito delle Beatitudini, come abbiamo visto domenica scorsa. L’accenno alla luce non deve farci cadere nel manicheismo, facendoci ritenere che esiste il Dio della luce e un Dio delle tenebre. In realtà esiste un solo Dio, che è Luce, Amore, Bene sommo. Il male non è un dio, ma consiste in attività non coformi alla volontà del vero Dio. Duemila anni fa, Dio stesso scese dal cielo in terra per illuminare l’intelligenza degli uomini e per invitarli a rinunziare all’odio e a praticare l’amore. E a tale scopo istituì anche a Chiesa, cioè un corpo di uomini che glorificassero Dio e invitassero tutti – con la parola e con l’esempio – a convertirsi, a orientare mente e cuore vero il bene. San Giovanni inizia il vangelo dicendoci esattamente questo; a) che Gesù è la luce, b) che Gesù è la vita, c) che ha dato la possibilità a tutti di diventare come Lui, figli di Dio che è luce vera. Sempre Giovanni conclude il suo vangelo facendo dire a Gesù: “Io sono la Verità”. A metà del suo Vangelo – Capitolo 8, 12 – Giovanni fa dire a Gesù: “Io sono la luce del mondo: chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”. Senza Gesù “rivelatore”, gli uomini non sanno nulla della propria origine e della loro destinazione finale, di ciò che è morale o immorale, di ciò che è bene o male. Dio non sarebbe venuto sulla terra a istruirci, se fosse vero che tutte le religioni sono uguali, e che – in fondo – adoriamo tutti lo stesso Dio. Anzi, disse con chiarezza. “Se non credete che IO SONO, morirete nei vostri peccati”; e ancora: “Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avete la vita in voi”. Questo sta solo nel Cristianesimo. Con queste ed altre parole, Gesù aprì i nostri occhi, illuminò le nostre menti, purificò i nostri cuori dicendo: “Beati puri di cuore, perché vedranno (il vero) Dio”. Ma poiché Gesù non era di questo mondo, dovette tornarsene al Padre, ma lasciò alcuni uomini, ai quali diede i suoi poteri di guarire le malattie e di cacciare i demoni, ma soprattutto li rese luce del mondo come Lui, e sale che dà alla vita il gusto e la gioia di essere vissuta in Dio e con Dio. Il brano evangelico di questa quinta domenica del Tempo ordinario è la continuazione della pericope evangelica di domenica scorsa, quando leggemmo che Gesù salì sul monte e, rivolgendosi alla folla e ai suoi discepoli, pronunziò le Beatitudini e poi continuò dicendo: “Voi siete il sale della terra…. voi siete la luce del mondo…. voi siete lampada…, voi siete come una città posta sul monte”. E’ chiaro che le Beatitudini e i termini luce, sale, città posta sul monte riguardano coloro che sono seguaci e discepoli del Signore, che hanno aderito a Lui e sono diventati come Lui, che è la vera luce “che illumina ogni uomo che viene in questo mondo”. Infatti, non tutti gli uomini compiono opere buone, e solo i suoi discepoli possono essere calunniati nel suo nome, Gesù non invita a diventare luce, poiché la luce è Lui, ma a non nasconderla, anzi a mostrarla, poiché Egli ha creato la lampada – cioè la Chiesa – non per metterla sotto il moggio ma sul candelabro affinché distribuisca luce a tutti coloro che sono in casa. In altri contesti ci paragona al lievito, al granello di senape ecc. Del sale, Gesù considera solo la funzione positiva di dare sapore, non quella negativa di sopprimere la vita come nel deserto: infatti, gli antichi gettavano il sale sui terreni che volevano rendere sterili. Del sale, della luce, della lampada e della città, Gesù considera la loro funzione di essere utili agli altri, per la gloria di Dio. Pertanto, ogni cristiano dica a se stesso “pèrfice munus”, cioè fà bene ciò che devi fare, ciò per cui sei stato creato, ciò che sei per natura. E allora, tu che sei fiammella renderai a Dio la stessa gloria del sole e della luna, e tu che sei uccellino renderai a Dio la stessa gloria del condor. Solo così realizziamo lo scopo per cui Dio ci creò: la sua gloria. Purtroppo, Gesù considera la possibilità che il sale perda il sapore. Questo non può avvenire in natura, ma può avvenire in coloro che diventano sale per grazia. Se si perde la grazia, si perde il sapore, si diventa discepoli inutili di Gesù, meritevoli di castigo, che consiste nell’essere calpestati, cioè disprezzati dagli uomini. Di questo facciamo esperienza ogni giorno, poiché il popolo apprezza i preti santi e coerenti, disprezza i cattivi e incoerenti.
In quel tempo Gesù disse:«13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. 14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.
P. Fiorenzo Mastroianni.