Marco 6,1-6
1 In quel tempo Gesù partì di e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6aE si meravigliava della loro incredulità. 6bGesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
E’ difficile rifiutare il Cristo sulla base di una ideologia, poiché nessuna ideologia può superare la Verità del Vangelo. Cristo viene rifiutato per la malvagità e l’orgoglio degli uomini. La causa di tutti i peccati è l’orgoglio, la vanità, il desiderio di dominare sugli altri. I Santi Padri insegnano che Dio rivelò agli angeli il suo piano di diventare uomo, e allora i più grandi angeli si ribellarono dicendo: “E poi dobbiamo adorarti nelle spoglie di un uomo?”. Ma per questo atto furono precipitati dal cielo come una folgore. Poi satana pose l’uomo contro Dio stuzzicando il suo orgoglio: mangiate – disse – il frutto proibito, e così diventerete come Dio”. Giunta la pienezza dei tempi, il Verbo si fece uomo scegliendo la via dell’umiltà, pur sapendo che proprio per questo sarebbe stato rifiutato da molti.
Benché discendente da un re glorioso, il “figlio di Davide” nacque da una donna semplice, prese il nome da un padre putativo falegname, si circondò di uomini comuni, dai nomi popolari come Pietro, Giacomo, Giovanni. Inoltre, nacque nella più piccola città di Giuda – Betlemme – e visse nella più screditata città della Galilea, Nazaret, da cui nessuno si attendeva nulla di buono; anzi, Pilato usò il nome “Nazareno” per screditare il “Re dei giudei”. Venendo sulla terra, il Verbo rinunziò a tutto, per insegnare agli uomini a fare lo stesso, a cominciare dalla rinunzia a se stessi, alla propria vanità e al proprio orgoglio. La sua scelta incontrò il favore dei buoni: i Magi lo riconobbero “Re dei giudei” mentre era avvolto da povere fasce, il buon ladrone mentre pendeva dalla croce, gli apostoli, i discepoli e le pie donne che lo seguirono sopportarono con lui ogni indigenza…, ma non incontrò il favore degli uomini malvagi, ribelli e testardi, che avrebbero preferito un Messia glorioso, che dispensava pani e pesci, e rifiutarono Lui che si proclamava Messia sofferente, scandalo per gli ebrei e stoltezza per i pagani. Il profeta Ezechiele, più di 5 secoli prima della venuta di Cristo sulla terra, sentì la voce di Dio che gli diceva: “io ti mando a una razza di ribelli, testardi e dal cuore indurito. Tu parla loro a nome mio. Ascoltino o non ascoltino, almeno sapranno che un profeta si trova in mezzo a loro”. Sono parole applicabili anche a Gesù, che fu mandato dal Padre in mezzo ad uomini “ribelli, testardi e duri di cuore”, che gli fecero gridare un giorno: “Fino a quando starò ancora con voi?”; “stolti e duri di cuore nel credere alle scritture!”… Gesù definì “generazione perversa” quella nella quale viveva, e definì “cattivi” tutti gli uomini, che sanno dare le cose buone ai figli ma uccidono i profeti, opprimono le vedove, scacciano gli stranieri. Gesù venne sulla terra, affinché tali uomini perversi e cattivi, “ascoltino o non ascoltino, sappiano che Dio è l’Emmanuele, cioè il Dio che ama stare con le sue creature”; e affinché sappiano che, se le cose vanno male sulla terra, non è per la lontananza o l’indifferenza di Dio, ma per la loro cattiveria, la loro vanità e il loro orgoglio. Fa riflettere il fatto che il Verbo, facendosi uomo, rinunziò a tutto ma non alla sua divinità, che comportava una sapienza sovrumana e un potere sulla natura, su satana e sugli uomini, cioè il potere dei miracoli. E tutti coloro che lo contattarono poterono sperimentare la “miseria e nobiltà” della sua vita terrena. “Da dove gli viene tanta sapienza se è illetterato?”, si chiedevano. “Come può operare miracoli il figlio del falegname?”. Quante volte avevano visto nella sinagoga di Nazaret il figlio del falegname? Improvvisamente si mostra Maestro e operatore di prodigi! E’ inaccettabile!…. Gesù riscuoteva gli osanna nei luoghi dove non era conosciuto come povero falegname, come figlio di una popolana, come fratello di uomini comuni. Gli uomini, infatti, diventano schiavi e vittime dei propri pregiudizi. Anche quando sono capaci di stupirsi di fronte alla evidente grandezza di Gesù, si rifiutano di fare il passo decisivo che li salva. Nel nostro caso, si stupiscono per i miracoli operati da Gesù e per la sua sapienza, ma non ne accettano l’amicizia, perché è povero e troppo dozzinale. Stupore inefficace, dunque! Loro non potevano diventare discepoli di uno che era passato immediatamente dalla bottega alla cattedra, facendo da Maestro nella sinagoga! L’uomo indurito dai pregiudizi, pietrificato dall’ignoranza, si rifiuta di usare la parte spirituale di se stesso, ragionando con l’intelligenza e il cuore. Quegli uomini di Nazaret avrebbero dovuto dare una risposta alla loro domanda: come mai un uomo apparentemente normale compie i prodigi e parla con sapienza? L’essere falegname e l’essere parente di uomini e donne semplici, non impediva che fosse un grande profeta e figlio di Dio! Non erano come Natanaele, che non si aspettava nulla di buono da Gesù perché proveniente da Nazaret, ma fu pronto a proclamare Gesù Figlio di Dio e Re d’Israele quando vide che Gesù leggeva nella sua anima. Dobbiamo imparare ad accettare sia il Cristo della cattedra della sinagoga che il Cristo del Golgota, perché è lo stesso Cristo, ieri, oggi e sempre. Quanto spesso noi somigliamo ai nazaretani perché viviamo di pregudizi: contro le donne, contro i neri, contro il terzo mondo, contro i meridionali, contro i poveri in genere! Somigliamo invece a Gesù quando anche noi ci sentiamo scartati dalla società. Ma “beati” sono gli scartati, non coloro che scartano! San Francesco imparò la lezione dallo stile di vita di Gesù. Anche lui era ricco e aspirava a dominare diventando cavaliere, ma poi dispensò le sue ricchezze fuori la basilica del Laterano, baciò il lebbroso, non volle grandi chiese e conventi, visse del lavoro delle sue mani. San Paolo non si vantò della sua preminenza, ma delle sue debolezze. Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato. San Giacomo insegnò a trattare allo stesso modo il ricco e il povero…
P. Fiorenzo Mastroianni