In quel tempo 51mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio. 57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio»

LA FACCIA TOSTA DI GESU’ ?

L’espressione nel suo senso comune si applica bene ai nemici di Gesù, che ebbero la faccia tosta di fissare gli occhi di Gesù e di condannarlo a morte, Lui che aveva fatto solo del bene e predicato l’amore. E’ il malvagio che – come dicono i Proverbi 21,29 – assume un’aria sfrontata”. Ma in qualche modo si può applicare anche a Gesù, che dovette fare la faccia tosta di fronte a tanti vigliacchi che credevano di aver potere di vita e di morte su di Lui, autore della vita. Già a Ezechiele il Signore disse: “Ecco, io ti do una faccia indurita quanto la loro”. Il profeta Isaia vide Gesù proprio come un atleta che indurisce la guancia: “per questo rendo la faccia dura come pietra; […] chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci”; (Is 50,8).

Così Gesù, che insegnò a porgere l’altra guancia, insegna a indurirla, senza vigliaccherie e debolezze, ma come gli atleti che danno inizio all’ultimo sprint: quante volte li abbiamo visti stringere i denti e indurire i muscoli…loro…i forti!… per difendersi, non per offendere… L’indurimento della faccia di Gesù comportò un triplice indurimento: nelle parole, nel fisico e nell’animo. Quanto alle parole, ne subirono l’effetto i soldati nell’orto degli ulivi: alla parole “Sono io”, pronunziate con quella faccia indurita fin dall’inizio del viaggio dalla Galilea a Gesuralemme, caddero per terra, loro, i forti soldati romani!.. Ne esperimentarono l’efficacia anche Caifa e Pilato quando ricevettero le risposte secche che conosciamo, circa la divinità e la regalità di Gesù. Quanto al fisico e al cuore, si deduce dalle risposte di Gesù ad alcuni uomini incontrati nel suo cammino verso Gerusalemme. Al primo fece capire che i suoi seguaci non devono cercare le mollezze e le comodità, poiché lui stesso – Gesù – non aveva dove posare il capo. Al secondo e al terzo, che mostrarono attaccamento ai parenti, Gesù fece capire che i suoi seguaci devono dedicarsi alla evangelizzazione a tempo pieno. Ma da dove si ricava questo indurimento della faccia di Gesù, leggendo il vangelo di oggi? In realtà non ve n’è traccia nella traduzione italiana, e tuttavia vari autori ne parlano. Il testo greco è ambiguo, poiché dice: Gesù tò pròsopon estèrisen, dove pròsopon significa faccia, estèrisen si può tradurre con rese forte, ma a nostro parere è una forzatura, poiché il suo significato può ovvio è fissò verso o rivolse verso (estèrisen eis Ierousalèm). Luca volle dirci che, avvicinandosi il giorno della sua elevazione o ascensione, come interpretò san Girolamo, e cioè la sua passione-morte-risurrezione, fissò il suo sguardo verso Gerusalemme. Questa seconda interpretazione contiene la prima, perché ci mostra Gesù come l’atleta cristiano che va incontro alla morte con determinazione; ci mostra Gesù cosciente della sua prossima fine, violenta e tragica, e l’accetta per la gloria del Padre e la salvezza delle anime. E questa determinazione creò persino la gelosia degli abitanti della Samaria, che cacciarono via il drappello apostolico perché “il volto di Gesù era diretto verso Gerusalemme”; ma il rimprovero di Gesù a Giacomo e Giovanni, che volevano far scendere il fuoco dal cielo contro questi samaritani, mostra un Gesù sereno, non inquieto, non vendicativo per quello che gli stava per succedere a Gerusalemme. La chiamata di ben due discepoli in una sola volta significa che Gesù voleva che la sua opera di salvezza doveva continuare anche dopo la sua morte. Ma tale opera di salvezza attraverso l’evangelizzazione richiedeva uomini forti come lui, pronti ad accettare gli imprevisti della vita, rinunziando persino agli effetti familiari e parentali.

P. Fiorenzo Mastroianni

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