In quel tempo19la sera del il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Domenica scorsa il brano evangelico proposto dalla liturgia non parlò dell’ascensione di Gesù al cielo; anche oggi non parla della Pentecoste, ma ci riporta a 50 giorni prima, alla sera stessa di Pasqua, dove si parla del dono dello Spirito. Gesù mostra una certa fretta in tutte le cose importanti: anticipò la sua venuta sulla terra, anticipò la sua manifestazione col miracolo di Cana, anticipò la sua passione e morte con l’istituzione dell’Eucaristia, anticipò la sua risurrezione al giorno stesso in cui morì sulla croce dicendo al buon ladrone “Oggi stesso sarai con me in paradiso”, e anticipò il dono dello Spirito – quasi caparra – 50 giorni prima della pentecoste, in cui lo Spirito si sarebbe manifestato in modi imponenti, col fuoco, col vento, con la glossolalia. La sera di pasqua Gesù “alitò” sugli apostoli, e quell’alito portò agli Undici lo Spirito Santo, così come “il sussurro di brezza leggera” indicò l’arrivo di Dio alla caverna di Elia (1Re, 1912). Quella sera, non sappiamo se gli Undici avvertirono qualcosa di nuovo nelle loro membra nel ricevere lo Spirito Santo; ma certamente lo Spirito non si manifestò in maniera visibile (fiammelle), sensibile (fragore del vento) e persino violento come a Pentecoste, quando i pellegrini si sentirono trascinati verso il cenacolo, e gli apostoli si sentirono trascinati ad incontrarli per porgere loro l’annuncio della pace e della gioia. Quella gioia che essi avvertirono nel rivedere Gesù risuscitato all’alba di quel giorno e apparso loro la sera. Lo Spirito non produce sempre gli stessi effetti, e viene paragonato all’acqua che, scendendo sulle zolle, fa fiorire il grano e le erbe e gli alberi della foresta. L’acqua scioglie le zolle e amalgama il cemento. Lo Spirito è carezzevole come la brezza, è forte come l’uragano. La sera di Pasqua diede agli Undici la facoltà di perdonare i peccati, il giorno di Pentecoste diede loro il coraggio di uscire, parlare, partire come il forte vento, verso i quattro angoli della terra. Nel primo Concilio di Gerusalemme illuminò le lro menti, ed essi scrissero agli antiocheni: “lo Spirito Santo e noi abbiamo deciso”…. Alla fine, darà loro la forza di testimoniare coi sangue la verità del loro annuncio. Da allora in poi, e fino ad oggi, lo Spirito ha distribuito doni abbondanti alla Chiesa: sapienza ai mistici e agli asceti, consiglio ai maestri, fortezza ai martiri,scienza ai teologi, pietà e timore di Dio ai santi. Tutto ciò è sintetizzato da San Giovanni in una parola usata solo da lui, quando parla dello Spirito Santo: Paràclito. Cosa significa Paràclito? Gesù, prima di tornarsene lì da dove era venuto, disse: “io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi sempre”. Lo Spirito è dunque “un altro Paraclito”, essendo Gesù stesso il primo. Giovanni, infatti, confermò in una sua lettera: “Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paraclito presso il Padre, Gesù Cristo, il giusto” (1Gv 2,1). Gesù fu mandato dal Padre, lo Spirito fu mandato dal Figlio. Così tutta la Trinità è impegnata attorno agli uomini, che sono i piccoli fanciulli di Dio. Fanciulli biricchini, e spesso cattivi, che ebbero bisogno di un redentore e di due avvocati. Il Padre, per non abbandonarci, sacrificò il suo Figlio, che pagò per noi, e inviò lo Spirito perché ci stesse accanto, a nostro servizio, esattamente come il Figlio. Paraclito, infatti, vuol dire “chiamato vicino”, come l’ammalato invoca aiuto a chiunque, per i servizi anche più umili, o come il pregiudicato, che invoca l’aiuto e l’appoggio dell’avvocato. Il termine “Paraclito viene dal greco “para-kalèo” (=chiamo vicino) o para klìno (=mi piego accanto). Gli ebrei lo chiamavano Ruah Elohim, Ruah accodesh, cioè Spirito di Dio, Spirito santo, impeto divino, vento impetuoso. I greci lo chiamavano Pneuma hagion, cioè Spirito Santo, soffio vitale, proveniente da Dio e ritornante a Dio. Più che parlare di Spirito, nell’AT è meglio parlare di forza, impeto di Dio, sempre occasionale e non permanente. Operante già all’inizio della creazione, lo Spirito Santo vien dato e tolto all’uomo, ma si posò stabilmente sul Messia; il quale ne fu pieno fin dal concepimento, ne fu invaso nel battesimo, lo espresse con la potenza dei miracoli e fu da Lui guidato per tutta la vita. Qualcuno ha scritto che non bisogna tanto chiedersi “che cosa è” lo “Spirito di Dio”, ma “cosa fa”, nell’ambito trinitario, nella Chiesa e nei singoli. Nella Trinità, antropomorficamente possiamo paragonarlo all’anima che tiene vivo l’uomo e lo fa agire. Nella Chiesa, lo Spirito cominciò a operare a Pentecoste: mandato sul cenacolo dal Risorto, si manifestò nelle forme delle lingue di fuoco sul capo di ciascuno degli apostoli e di Maria, come vento impetuoso sugli abitanti di Gerusalemme, come forza interiore che spinse gli apostoli fuori del cenacolo, come scienza e sapienza nelle parole uscite dalle loro bocche in molteplici linguaggi. Lo Spirito è nella Chiesa unisce e cementa i fedeli. E’ Lui che crea i martiri, i missionari, i santi, i sapienti dottori e gli umili servi. Nei singoli, a cominciare dagli apostoli, lo Spirito cominciò ad elargire i suoi sette doni, coi quali egli li rende nuove creature, figli di Dio ed eredi della vita eterna. Paolo garantisce: “Non sapete che lo Spirito di Dio abita in voi?” (1Cor 3,16) Lo Spirito Santo è la forza che piega la volontà dell’uomo all’ascolto della Parola di Dio e a metterla in pratica.

P. Fiorenzo Mastroianni

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