Noi Cappuccini della Provincia di Napoli abbiamo attualmente cinque Parrocchie; in passato ne abbiamo avute anche di più. Tra le Parrocchie che abbiamo da più lungo tempo c’è quella di Sant’Eframo, il cui titolo parrocchiale è propriamente dei “SS Efebo, Fortunato e Massimo”, nominativo di tre santi Vescovi di Napoli, i cui resti mortali sono custoditi sotto l’altare maggiore[1].

Siamo ora da cinquant’anni a servizio di questa Parrocchia. E’ opportuno ricordare l’evento della fondazione della Parrocchia e i Parroci che l’hanno diretta in questo arco di tempo.

  • Costituzione della parrocchia di Sant’Eframo

La costituzione della parrocchia di Sant’Eframo Vecchio ebbe un precedente che merita di essere ricordato. Ricostituito lo Studio interno in questo convento nel 1956, vi fu trasferito anche P. Gabriele Russo, proveniente da Ariano Irpino, dove era stato parroco per alcuni anni, essendo vescovo della Città Pasquale Venezia. Il giovane P. Gabriele, licenziato in Scienze bibliche, aveva appreso moltissimo dalla sensibilità pastorale del vescovo ad Ariano e aveva instaurato nella parrocchia Maria SS.ma del Carmine una pastorale densa di stimoli e promettente per il futuro. Trasferito a Sant’Eframo ove avrebbe dovuto insegnare Scienze bibliche nello Studio conventuale, egli era ancora ricolmo dell’ardore apostolico pastorale, di cui aveva fatto abbondante implosione ad Ariano e aveva bisogno di trasfondere all’esterno le energie accumulate.

Siamo nel 1956, quando assolutamente non c’era alcuna idea di parrocchia in questo luogo di Sant’Eframo. Il Padre, che era nativo del luogo, vide nei dintorni un brulichio di ragazzi molto spesso abbandonati a se stessi e, munito dei dovuti permessi, organizzò negli ambienti del convento un anno catechistico che fu veramente eccezionale, frequentato da tantissimi bambini da tutta la zona. Il superiore della casa era P. Carmelo da San Gennaro, anche egli proveniente da una esperienza parrocchiale a Pozzuoli, era molto entusiasta, gli dava campo libero. P. Gabriele riuscì a coinvolgere i ragazzi con le rispettive famiglie; preparò un gruppo nutrito di catechisti e delle catechiste che seguiva egli personalmente, con tutti i sussidi necessari che l’editoria del tempo poteva permettere. Come sussidio di fondo, utile per tutti, organizzò una Mostra catechistica, che doveva rendere facile e intuitivo l’apprendimento per i piccoli, ed anche facile il dovuto approfondimento per i catechisti e i genitori dei piccoli. Il materiale accumulato e scelto a quel tempo era imponente e destava l’interesse di qualsiasi visitatore. Ad inaugurare la Mostra nell’ottobre 1957 fu invitato l’arcivescovo di Napoli il Card. Marcello Mimmi, uomo assai sensibile ai problemi pastorali. Tutti furono ammirati dell’ordine meticoloso della Mostra e della ricchezza di incentivi che essa offriva. Anche dei sacerdoti competenti del clero napoletano, tra i quali vanno ricordati Carlo Ponticelli e Luigi Pignatiello, espressero apprezzamenti lusinghieri[2]. Il parroco di Santa Maria degli Angeli, Mons. Pietro Simonetti, nel cui ambito parrocchiale rientrava la zona del convento, molto nobilmente, alla presenza dell’Arcivescovo Card. Mimmi, lanciò l’auspicio che la chiesa dei cappuccini di Sant’Eframo divenisse parrocchia. L’auspicio fu un seme lanciato, e dopo qualche anno divenne realtà. Ritengo che abbia avuto la sua importanza quel seme, nel contesto favorevole e promettente in cui avvenne.

Altro fatto significativo e decisivo fu la persona stessa dell’Arcivescovo di Napoli, che successe a Mimmi, Alfonso Castaldo, che volle affidare la costituenda parrocchia di Sant’Eframo Vecchio ai Cappuccini. Egli era stato trasferito a Napoli da Pozzuoli, continuando a mantenere il titolo di Vescovo di Pozzuoli; qui nel 1945 era riuscito ad affidare ai Cappuccini la Parrocchia di San Gennaro alla Solfatara, e parroco fu quel Padre Carmelo, che ora era superiore a Sant’Eframo.

È simpatico ricordare che Alfonso Castaldo negli anni Trenta era stato professore nel Seminario vescovile di Pozzuoli, frequentato anche dai nostri ragazzi del locale Seminario, e si ricordava bene di quel ragazzo sveglio e assai intelligente, Vincenzo Toppi, che ora era il provinciale dei Cappuccini di Napoli, e con lui scherzava come con un suo vecchio alunno. C’è anche da rilevare la mentalità stessa del Vescovo Alfonso Castaldo, tendente a moltiplicare le parrocchie, purché ci fosse disponibile una chiesa e di un sacerdote. Al tempo in cui divenne Arcivescovo di Napoli, fin dal principio, perseguì il progetto di costituire e affidare ai Cappuccini la parrocchia di Sant’Eframo Vecchio, che egli denominerà dei “SS. Efebo, Fortunato e Massimo” e quella di Soccavo che egli denominerà di “Maria SS.ma di Montevergine”. Questo avvenne effettivamente, per la prima nel 1961, e per la seconda nel 1962.

I superiori della nostra Provincia conoscevano le difficoltà canoniche del tempo, tanto più che il Convento di Sant’Eframo era sede di Studio; ma vista la tenacia dell’Ordinario diocesano, lasciarono a lui il compito di superare le remore esistenti.

Il Card. Castaldo sapeva come districarsi. Le leggi canoniche escludevano che una parrocchia potesse essere affidata a una Comunità religiosa “sine Apostolicae Sedis indulto” (Can. 452), indulto che a lui avrebbe potuto dare solo la Sacra Congregazione del Concilio; ed escludevano che una parrocchia potesse essere accettata da un Ordine religioso “sine Sedis Apostolicae auctoritate” (Can. 626), autorizzazione che avrebbe potuto dare solo la Sacra Congregazione dei Religiosi. Il Card. Castaldo si provvide del Rescritto della Sacra Congregazione del Concilio che gli dava la facoltà di affidare la parrocchia alla Provincia Napoletana dei Frati Minori Cappuccini (n. 29/9/60); e fece avere anche noi religiosi un uguale documento della Sacra Congregazione dei Religiosi, che ci concedeva la facoltà di accettare la nuova cura di anime con una precisa “Convenzione” (n. 5343/59). Così, dissolte le remore canoniche, con Decreto del 15 gennaio 1961 erigeva la parrocchia con il titolo dei “SS. Eufebio, Fortunato e Massimo”, affidandola ai Frati Cappuccini della Provincia di Napoli[3]. Secondo il Diritto Canonico del tempo (dato dal Codice del 1917), la parrocchia era affidata alla Comunità religiosa (unita domui religiosae) e veniva costituito un Vicario della Comunità che ne assolvesse il compito pastorale (debet constitui vicarius, qui actualem curam gerat animarum) (Can. 471, § 1). L’affidamento della parrocchia alla Provincia Napoletana dei Frati Cappuccini era, secondo la prassi giuridica del tempo, “ad nutum Sanctae Sedis”.

Nel detto Decreto si giustificava l’erezione della Parrocchia per la moltitudine dei fedeli interessati, per i disagi delle persone anziane e deboli ad accedere alle chiese parrocchiali preesistenti, e per comodità dei fanciulli.

Nello medesimo Decreto venivano precisati i confini della nuova Parrocchia, ritagliata dall’ambito territoriale di quella di Santa Maria degli Angeli alle Croci e di quella del SS.mo Crocifisso (ora “Santa Rita e SS. Crocifisso”). L’ambito territoriale della nuova parrocchia era così indicato: “Vico Sant’Eframo Vecchio, interamente; Piazza Sant’Eframo Vecchio; Cupa Macedonia, interamente, fino agli scalini per Capodimonte; Cupa Sant’Eframo Vecchio, interamente”.

Demograficamente la parrocchia non era assai consistente, però all’epoca era previsto un incremento edilizio nella zona, come in effetti poi è avvenuto. Nel censimento del 1981 fu rilevata una popolazione pari a 3647 unità e in quella del 2001 una popolazione di 3369 unità, distinta quest’ultima in 1594 maschi e 1775 femmine.

Col nuovo Codice di Diritto Canonico, promulgato nel 1983, l’affidamento della parrocchia ai religiosi è semplificato; non si richiede più nessun rescritto della Santa Sede. “Il Vescovo diocesano, col consenso del Superiore competente, può affidare una parrocchia a un Istituto religioso clericale, anche erigendola presso la chiesa dell’Istituto, a condizione però che un solo sacerdote sia il parroco della parrocchia”; e questo può avvenire “sive in perpetuum sive ad certum praefinitum tempus” (Can. 520, § 1-2). Evidentemente, per tutto ciò che riguarda la cura delle anime, i religiosi dipendono dall’autorità del Vescovo; ma è detto esplicitamente che “esercitando l’apostolato esterno i religiosi dipendono anche dai loro superiori e devono restare fedeli alla disciplina dell’Istituto; i Vescovi stessi non trascurino di sollecitare, qualora sia necessario, questo obbligo” (Can. 678, § 1-2)[4].

  • I Parroci di Sant’Eframo Vecchio

C’è stata una piccola pubblicazione per i Cinquant’anni della Parrocchia dei SS. Efebo, Fortunato e Massimo, dove sono stati riassunti i dati di questi cinquant’anni e dove sono stati riportati alcuni Documenti relativi interessanti. Non ripetiamo quei dati, né i Documenti riportati; passiamo brevemente in rassegna i Parroci che hanno guidato la Parrocchia e l’attività più significativa da essi svolta[5].

  1. Sisto Ambrosino

Il Padre insegnava allora Teologia Dommatica Fondamentale nello Studio locale; era giovanissimo, aveva 31 anni, studiava ancora per il conseguimento del titolo dottorale; giovane entusiasta e gioviale nelle cose che faceva. Era già docente, vice-direttore dello Studio, direttore della Scuola Catechistica, accettò anche l’impegno di parroco della nascente parrocchia, non senza grande sacrificio, e sempre con esemplare generosità.

Fu presentato dal provinciale con lettera del 4 gennaio 1961 e nominato come Curato Economo il 15 gennaio 1961, con lo stesso Decreto dell’erezione della parrocchia. Iniziava ufficialmente la sua attività di parroco il 7 febbraio 1961 e restava in tale ufficio fino al 3 settembre 1972.

Fu breve la sua attività di parroco, ma onerosa e impegnativa; dovette lanciare le basi della vita parrocchiale ed anche dell’Ufficio parrocchiale, con i vari Registri, cominciando da zero, e senza alcuna esperienza preliminare. Aveva innata la mentalità dell’ordinamento, e dette buoni inizi alla Parrocchia.

Aveva appreso a volo dal Card. Castaldo che egli per essere un buon parroco doveva stare sempre in mezzo alla gente; volentieri recitava anche il Rosario con i fedeli, in mezzo alla gente in chiesa.

Fu parroco solo per 17 mesi. Lasciò nei fedeli molta edificazione e un ricordo indelebile.

  1. P. Eugenio Napolitano

Trasferito a Sant’Eframo con Circolare del 22 agosto 1962 e presentato all’Ordinario diocesano, era nominato Vicario Attuale della parrocchia il 3 settembre 1962, anche con una Bolla solenne. Aveva allora 45 anni, 19 di vita sacerdotale e diversi anni di esperienza parrocchiale a Crisci di Arienzo e ad Ariano Irpino.

Restò alla guida della parrocchia per 12 anni, contemporaneamente insegnando anche Religione nelle Scuole Statali, fino al 20 settembre 1974.

Fu parroco ai tempi del Concilio (1962-65); c’era allora un forte vento di novità; P. Eugenio prendeva interesse alle novità, interessandone anche il popolo. Era animato da entusiasmo e irraggiava con la sua persona la ricchezza del suo animo buono. Sapeva entrare nelle famiglie e anche nelle botteghe, dovunque potesse incontrare la gente, sempre bene accolto. Per entrare più facilmente nel contatto con la gente, spesso parlava in dialetto. Sapeva essere anche forte e benevolmente esigente con i giovani e con i fedeli che frequentavano poco la Chiesa. Esortava i fedeli al bene anche in modo forte, ma sempre benevolmente.

Curò personalmente il Terz’Ordine Francescano e volle in parrocchia anche l’Azione Cattolica, che ugualmente curava egli stesso; per coinvolgere i lontani istituì anche l’Associazione Cattolica Operaia.

Fu sempre circondato da una schiera di fedelissimi, molto legati a lui, che egli amava, ai quali in tempo opportuno non risparmiava le sue “benevole strigliate”.

  1. Salvatore Esposito

Fu presentato dai Superiori il 19 agosto 1974 e nominato Vicario Economo dalla Curia di Napoli il 6 settembre 1974, con le facoltà a decorrere dal 20 settembre seguente.

Egli si era già addentrato nella conoscenza della parrocchia essendo stato per tre anni vice parroco con P. Eugenio. Era giovane di appena 29 anni, fresco di studi, ordinato sacerdote da poco più di tre anni. Molto aperto ed entusiasta alle idee conciliari del momento, proclamate sul piano pastorale dall’Arcivescovo di Napoli Card. Ursi, e attento uditore degli insegnamenti di quest’ultimo.

Da parroco si lanciò nell’attuazione di tutto un programma nuovo; si era convinto che bisogna valorizzare tutte le vocazioni e pensava a una Chiesa tutta ministeriale, con le più svariate collaborazioni, a partire da quelle dei lettori e degli accoliti. Si serviva molto dei volontari adulti, attraverso i quali cercava di giungere anche ai lontani. Colse la disponibilità e promosse la formazione del diacono permanente Antonio Mattera, la cui ordinazione avvenne nella nostra Chiesa, e la cui collaborazione gli fu sempre di valido aiuto.

Per una Liturgia celebrata efficacemente, promosse col Superiore locale l’adeguamento dell’area del presbiterio in Chiesa, con l’altare rivolto al popolo; promosse gli incontri di letture bibliche per gli adulti e nelle stesse famiglie. Non aveva catechisti sul tipo di quelli tradizionali, si serviva di alcuni giovani che egli preparava personalmente e che gli erano molto vicini.

Il fulcro della sua azione pastorale aveva il suo momento fondale negli incontri e nei colloqui spirituali, oltre che nel sacramento della confessione, da lui molto curato. Si sviluppò un dinamismo spirituale incredibile intorno a lui: veniva gente anche da lontano, per incontrarlo; c’erano sempre lunghe file davanti alla porta, ogni giorno; era oberato nel vero senso della parola, da mattina a sera. Ma a suo stesso giudizio, tutto avveniva con l’indifferenza di una fascia di persone adulte, che stavano a guardare senza smuoversi.

Il Card. Corrado Ursi era contento di lui e, più volte altrove, mostrava come esemplare la conduzione della parrocchia di Sant’Eframo; diceva: “Andate sul colle di sant’Eframo e vedete come si conduce una parrocchia!”.

Dotato di doni speciali, aveva una grande devozione verso la Madonna; questo conferiva un fascino al suo carisma di parroco; ma era anche una persona assai semplice e quasi infantile; è stato questo ultimo aspetto che lo ha esposto al profitto di persone interessate, che hanno eroso dal di dentro tutta la sua opera; ne risentiva la sua stessa salute e dovette lasciare la Parrocchia.

Restava nella guida della parrocchia fino al gennaio del 1980; trasferito altrove, moriva alcuni anni dopo, in un incidente automobilistico presso Benevento, il 17 novembre 1989, a 44 anni.

  1. Giacinto De Luca
  2. Salvatore Esposito aveva dovuto lasciare quasi improvvisamente la parrocchia; ne assumeva l’onere della guida temporaneamente il Superiore locale P. Pietro Zarrella, fin quando i Superiori non provvidero con l’inizio del nuovo triennio.

Il 22 luglio 1980 veniva presentato come parroco alla Curia di Napoli P. Giacinto De Luca, che ne riceveva nomina in data 5 agosto 1980. Il P. Giacinto aveva già una buona esperienza alle spalle: aveva 44 anni, 17 di sacerdozio; era stato fino a quell’anno Ministro Provinciale per due trienni e antecedentemente parroco per diversi anni a San Gennaro a Pozzuoli. Ma per chiunque non era facile a Sant’Eframo raccogliere l’eredità lasciata da P. Salvatore Esposito.

Da alcuni si disse subito che P. Giacinto sarebbe stato un parroco di transizione e che, in seguito, sarebbe stato utilizzato per altri compiti interni della vita religiosa. Comunque, si ebbe occasione di sperimentare in modo tangibile la sua forte umanità e sensibilità pastorale nell’occasione del terremoto del 23 novembre del 1980, quando fece accogliere per alcuni mesi nei locali del Convento diverse famiglie, rimaste senza casa, per un totale di 63 persone; oltre agli aiuti umanitari che fece giungere alle persone bisognose della zona[6].

Rimase Parroco fino al 12 settembre 1983, quando l’obbedienza lo trasferiva ad altro ufficio.

  1. Ubaldo Oliviero

Presentato dal Ministro Provinciale con lettera del 4 agosto 1983, era nominato Parroco, anche con bolla solenne, in data 12 settembre. Il testo della Bolla di nomina aveva queste parole: “Ti nominiamo parroco della detta parrocchia a te affidata, perché sia animata da spirito missionario e attui diligentemente il piano pastorale scaturito dal 30° Sinodo Diocesano, alla luce del Concilio Vaticano II, in perfetta comunione con il Vescovo e col Presbiterio”.

Per la sua preparazione e carattere personale, P. Ubaldo era la persona giusta a tale compito. Aveva 47 anni e 20 di Sacerdozio. Al suo attivo c’era una buona esperienza missionaria trascorsa in Brasile, ove aveva espresso intraprendenza e lungimiranza apostolica, ed ove era stato anche Superiore della Custodia. Negli ultimi anni aveva acquisito una buona esperienza umana nella Casa di Castellammare, che ospitava elementi delicati, in recupero della propria identità. P. Ubaldo portava con sé capacità, grande apertura di animo e, nello stesso tempo, tanta semplicità. Sono i caratteri che hanno contraddistinto anche il suo servizio di parroco a Sant’Eframo.

Aveva innata la sensibilità missionaria; la comunicava anche alle persone che gli stavano accanto ed anche al popolo, attraverso le sue omelie molto semplici e cariche di contenuti.

Ebbe a cuore la formazione dei catechisti, come suoi collaboratori speciali, distinti per ogni tipo e fascia di età. Poteva contare sull’aiuto anche dei Confratelli.

Curava la formazione religiosa dei fedeli, senza trascurare gli aspetti della religiosità popolare. Fomentò la devozione verso la Madonna del Brasile; faceva girare per le famiglie una mini-copia della Statua, fatta costruire da lui in una nicchia acconcia e appropriata, come quella sull’Altare maggiore.

Si deve a lui l’iniziativa dei Corsi di preparazione al matrimonio, curati dal Diacono Antonio Mattera, con la collaborazione anche di persone molto preparate. Corsi che si sono rivelati di estrema utilità, ed ora ritenuti necessari e diffusi dovunque.

Fece applicare il sistema elettrico alle campane; nel luglio del 1989 fece ripavimentare il Sagrato della Chiesa, l’ampio spazio antistante, con quadroni di finto piperno.

Parroco molto popolare, P. Ubaldo fu a servizio della parrocchia per 6 anni, fino al settembre 1989.

  1. Giulio Di Domenico

Su designazione del Ministro Provinciale, il 27 settembre 1989 dalla Curia Napoletana gli veniva inviata la Lettera di nomina come Amministratore Parrocchiale; avrebbe dovuto essere immesso ancora nel possesso canonico, da cui egli chiese ed ottenne dispensa il 10 novembre 1989. Restò Parroco di Sant’Eframo per nove anni, fino al 31 agosto 1998. Gli succedeva P. Ciro Polverino, ma di nuovo, dopo tre anni, egli ritornava Parroco a Sant’Eframo, presentato il 18 luglio 2001 e nominato dalla Curia di Napoli il 27 agosto 2001. Questo secondo mandato durava tre anni, fino al 31 agosto 2004. Assommando i due mandati, P. Giulio è stato alla direzione della Parrocchia per dodici anni.

Oltre le attività ordinarie, trova in Parrocchia cinque Comunità Neocatecumenali, che raccolgono il fior fiore dei filiani ed anche partecipanti da fuori parrocchia, che per lo più vivono soltanto i tempi del Cammino: si ritrovano le singole Comunità per la Liturgia della Parola e il sabato tutti insieme nella Sala Azzurra per la Celebrazione dell’Eucaristia, con le loro particolarità. Il Parroco, con qualche aiuto dei confratelli, riesce a portare avanti anche questo lavoro che non è lieve.

Coinvolge le famiglie della Parrocchia in un Convegno Parrocchiale, dal 17 al 19 maggio 1990, per far riscoprire nelle famiglie la dimensione della “chiesa domestica”. Per il 14 ottobre 1990 imbandisce un concorso sul tema “San Francesco e la natura”, che coinvolge specialmente i piccoli a produrre elaborati sul tema. Con la collaborazione di P. Pierluigi Cacciapuoti cura il gruppo dei Catechisti, con riunioni formative periodiche, e personalmente tiene lezioni di Catechismo per gli Adulti in Chiesa.

Fu un momento forte della Parrocchia la sua iniziativa di far venire in forma solenne la statuetta della Madonna di Fatima, fatta scendere in Piazza da un bianco elicottero dal cielo. L’eccezionale Simulacro fu portato in processione per le vie della Parrocchia; stette a disposizione della devozione della gente dal 10 al 17 ottobre 1993. Furono giornate dense di spiritualità cristiana e mariana. La Chiesa di Sant’Eframo divenne il centro spirituale della Città, perché accorse qui tantissima gente a sostare in preghiera davanti alla Madonna, non solo dalla Città di Napoli, ma anche da fuori. In memoria di quella esperienza è restata la lodevole prassi di una piccola processione in Piazza Sant’Eframo il 13 di ogni mese.

Perché tutto avvenisse in una cornice di decoro, ha curato anche l’aspetto materiale della Chiesa: la ripitturazione di tutta la Chiesa, il rifacimento del tamburo, i banchi nuovi e un organo elettronico dignitoso, per accompagnare le celebrazioni liturgiche.

Buon predicatore, pacato e conclusivo, P. Giulio ha cercato in ogni modo, con l’esempio e la parola, di formare la gente al senso cristiano

  1. Ciro Polverino

In data 31 agosto 1998 veniva comunicato al P. Ciro la nomina di Parroco a decorrere dal 1° settembre 1998; in questo stesso giorno gli giungeva la nomina in forma solenne, in cui, tra l’altro, si raccomandava di “attuare diligentemente il piano pastorale diocesano incentrato sulla cura della famiglia e delle vocazioni, in perfetta comunione col Vescovo e col Presbiterio”.

  1. Ciro, ordinato sacerdote l’anno innanzi, aveva avuto una lunga esperienza di vita nella Gifra e nell’Ordine Francescano Secolare; iniziava la sua attività di Parroco con molto entusiasmo. In Parrocchia si avvertì la sua guida pastorale come “una ventata di freschezza giovanile”. Mentalità precisa, aperta ai contatti umani; ma anche uomo determinato e di forte volontà.

Ha curato la Parrocchia, con esattezza, facendo attenzione anche alle piccole cose. Incoraggiava la partecipazione ai Pellegrinaggi come occasione di accumulo di energie spirituali nei vari Santuari, vicini e lontani. Sanamente intraprendente, sapeva offrire alla Comunità parrocchiale anche momenti straordinari di sollievo spirituale, con Mostre di canto e di musica e serate onestamente ricreative; fece venire più volte l’attore comico napoletano Benedetto Casillo e il cantautore Pierangelo Comi, della Comunità di Carlo Carretto.

Ha favorito lo sviluppo delle dimensioni francescane secolari nella Parrocchia; egli stesso era l’Animatore provinciale della Gifra.

Nei giorni 25 – 28 aprile 2001 fece venire in Parrocchia la Madonna di Pompei, con l’equipe mariana che l’accompagnava; si ricordano i nomi di Mons. Baldassarre Cuomo e del simpaticissimo salesiano Don Adolfo L’Arco, ora defunto. Venne anche Mons. Francesco Saverio Toppi, con la sua ardente predicazione nel giorno conclusivo. Per la Parrocchia furono quelli giorni molto densi spiritualmente.

Si deve a lui la preparazione della Sala Parrocchiale, con nuova pavimentazione, allestimento di luci e arredamento adatto; nonché il nuovo assetto dei bagni nei pressi della Sacrestia.

Restò nella guida della Parrocchia per tre anni, fino al 31 agosto2004.

  1. Leonardo Franzese

Su presentazione del Ministro Provinciale, veniva nominato Amministratore Parrocchiale, a decorrere dal 1° settembre 2004; avrebbe dovuto essere immesso nel possesso canonico, di cui egli chiedeva dispensa, concessa con Lettera del giorno 8 novembre 2004.

Aveva solo 34 anni; sacerdote da otto; aveva ricoperto il ruolo di Guardiano nel convento di Arienzo ed era stato per un paio di anni Parroco a Caserta. A Sant’Eframo ricopriva insieme l’impegno di Parroco e di Superiore; ruolo unificato che ha senz’altro favorito la sua attività, svolta in modo predominante nella Parrocchia.

Era conosciuto a Sant’Eframo da prima che venisse come Parroco, avendo qui svolto i suoi Studi teologici. Come Parroco è stato vicino alla gente, particolarmente alle persone bisognose; mai nessuno se ne è andato deluso bussando al suo cuore.

Si era circondato di una schiera di persone fidate, che collaboravano volentieri con lui. Nascevano tante iniziative e spunti, che volevano valorizzare anche i piccoli segni, per una finalità formativa e spirituale; senza trascurare anche gli incontri ricreativi per le persone anziane.

Alla Parrocchia ha dato tanto, senza risparmiarsi. Forse egli avrebbe desiderato una risposta più lusinghiera sul piano della vita; ma è stato amato moltissimo dalla gente.

Ha fatto pitturare le pareti dell’atrio della Chiesa e il Chiostro del Convento, ed ha allestito il capannone avanti al Convento, per una recettività di più vaste proporzioni, per manifestazioni, sagre ecc.

Ha lasciato la Parrocchia nel settembre 2010; l’obbedienza lo ha destinato alla cura dei postulanti alla vita cappuccina, nel Convento di Giffoni, in provincia di Salerno.

  1. Enrico Barretta

Presentato dal Ministro Provinciale il 14 luglio 2010, veniva nominato Amministratore Parrocchiale a decorrere dal 15 settembre 2010 e Parroco dal 16 gennaio 2011 con una solenne presa di possesso. Il Cardinale stesso l’ha convinto a questo inizio solenne del suo mandato, ed è intervenuto di persona a immetterlo nel possesso canonico.

  1. Enrico, essendo nuovo all’attività di parroco, sta facendo uno sforzo per rendersi consapevole e adeguato ai bisogni della Parrocchia. È uomo ricco di esperienza umana e di saggezza, ed anche di tanta buona volontà.

C’è stato chi ha detto: “è un colosso di statura, speriamo che lo sia anche nella santità”. Senza dubbio lo sarà!

È lui l’uomo mandato da Dio, per condurre la Parrocchia di Sant’Eframo nel nuovo cammino, dopo cinquant’anni di vita

La piccola Parrocchia di Sant’Eframo, di circa 3369 abitanti, sita nella periferia di Napoli, si trova a confrontarsi oggi, come tutta la chiesa, con la crescente secolarizzazione, che è una progressiva perdita del senso di Dio e del sacro. È aria che si respira; è come un vento inesorabile che arriva dovunque, peggio della nube di Cernobyl. È importante che la fede sia ben radicata nel cuore della gente, specie dei giovani. Di qui la necessità di una buona cura pastorale, che prevenga e curi davvero le coscienze. È la sfida dei tempi nuovi.

Ci sostenga la certezza che Dio è più forte del male!

Napoli, 21 gennaio 2011

Romualdo Gambale

[1] Secondo le fonti antiche Sant’Efebo (Ephevus) fu Vescovo di Napoli già nel 272, anno in cui avrebbe battezzato Gennaro, martirizzato nel 305. Gli altri due Santi sono Vescovi di Napoli successivi: San Fortunato (347-356) e San Massimo (356-378); quest’ultimo morto martire.

[2] Una nota di cronaca manoscritta di un visitatore di quella Mostra, si introduceva con queste parole: “Il 6 ottobre 1957, verso le ore 17,00, la rampa che porta al convento dei Cappuccini di Sant’Eframo Vecchio era eccezionalmente gremita di bambini, che sciamavano, festanti e chiassosi, con aria di schietta giocondità. Erano i bambini della Scuola Catechistica, tanto fiorente e tanto frequentata, cui i RR. Padri, da oltre un anno, dedicano le loro cure assidue ed affettuose, senza risparmio di fatiche e di spese”.

[3] Il Documento di erezione della parrocchia è riportato interamente in ROMUALDO GAMBALE, Parrocchia SS. Efebo, Fortunato e Massimo, Napoli 2010, ove sono riportati anche tutti gli altri documenti riguardanti la Parrocchia, compresi quelli riguardanti la presentazione e nomina dei singoli Parroci.

[4] Si possono segnalare in materia queste due pubblicazioni, aggiornate e sintetiche: FRANCESCO D’OSTILIO, L’apostolato dei religiosi nella chiesa locale (Presentazione di Tarcisio Bertone), LEV 1999, e, dello stesso autore, Il parroco religioso (Presentazione di Antonio Iannucci), LEV 1999. Concretamente per le nostre parrocchie cfr: GIAMBATTISTA RUBINACCI, I Cappuccini di Napoli nel ministero parrocchiale, in Campania Serafica, ottobre 1970, 6/198-13/205.

[5] Le notizie che abbiamo cercato di recuperare sull’operato di ciascun Parroco, sono inedite, attinte dalla memoria viva dei fatti e degli eventi. Qualche spunto mi è stato offerto dal diacono Antonio Mattera, presente nella Parrocchia da più di quarant’anni.

[6] Cfr in Archivio Storico, 1980, p. 161-163: Informazioni sul terremoto: quattrocento terremotati nei conventi cappuccini.

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