+ Dal Vangelo secondo Marco
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri»,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Poiché Giovanni nel deserto e lungo il Giordano predicava un battesimo di penitenza, molti andavano da lui da tutta la Giudea e dalla capitale Gerusalemme, facendosi battezzare e confessando i loro peccati. Si realizzava così un piano di Dio rivelato già al profeta Isaia: Giovanni con la predicazione preparava la gente alla venuta del Messia, invitando tutti a raddrizzare i sentieri della propria vita. Si tratta di raddrizzare le vie tortuose delle falsità e abolire il peccato, che crea i vuoti nell’anima dell’uomo. La liturgia di oggi, a cominciare dalla prima lettura, ci invita a prepararci alla venuta del Signore, nella prospettiva della caducità della vita che passa e dal cielo e terra che saranno. La liturgia ci offre da leggere e meditare sull’inizio del vangelo di Marco, il cui primo versetto suona così: “Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio”. Questo versetto funge quasi da titolo del libro di Marco. Infatti, tutto quello che Marco scrive poi nel suo libro, intende confermare queste due verità: Gesù è il Cristo, cioè il Messia promesso da Dio nell’Antico Testamento, ed è il Figlio di Dio. Cioè il primo dei 4 evangelisti intese parlare di Cristo in quanto Messia e in quanto Figlio di Dio. Essendo il primo, volle soprattutto dimostrare agli ebrei-cristiani che in Gesù si realizzarono tutte le antiche profezie, e perciò cominciò col citare Isaia. Poi intese parlare di Gesù Figlio di Dio, ma non alla maniera giovannea, che – avendo scritto tardivamente – intese principalmente proporre ai cristiani ex pagani che Gesù era Dio, in alternativa alle vecchie divinità; Marco non lo fece ripetendo continuamente il concetto, ma dichiarandolo all’inizio e alla fine, e proponendo poi una lunga serie di detti e fatti della vita di Gesù, da cui i lettori dovevano arrivare alla conclusione che solo un Essere divino poteva operare quei miracoli ed esprimere una dottrina tanto sublime, e alla conclusione finale: “Costui era davvero il Figlio di Dio (Centurione romano). L’espressione del Centurione, risuonando quasi al termine del Vangelo di Marco, ha il valore del “Come Volevasi Dimostrare (CVD)”, usato al termine di una operazione matematica. Marco ripropose anzitutto la testimonianza del Precursore: “viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per sciogliere i lacci dei suoi sandali”. Gesù un giorno dirà che questa testimonianza non è la testimonianza di un uomo. Chiese infatti agli ebrei: “La testimonianza di Giovanni venne da Dio o dagli uomini?”; e aggiunse: “Io non prendo testimonianza da un uomo”, e citò la testimonianza del Padre: già nel primo capitolo, parlando del battesimo di Gesù nel Giordano, Marco fa sentire la voce del Padre: “Tu sei il Figlio mio prediletto”. Il Battista confermò che egli non conosceva Gesù, ma Dio gli disse: “Quello sul quale vedrai scendere e restare lo Spirito, è Lui che battezza in Spirito Santo e fuoco. Io ho visto e attesto che costui è il Figlio di Dio”. Giovanni evangelista ripete spesso che Gesù è l’unigenito Figlio di Dio; Marco – dopo aver narrato miracoli e parabole di Gesù, sembra dire ai lettori: giudicatelo voi se Gesù è il Figlio di Dio. Proprio come fece il Centurione, il quale, vedendo “il modo” in cui Gesù affrontò la morte, esclamò: “Davvero quest’uomo era il Figlio di Dio”. Avrebbe fatto meglio a dire: “Davvero quest’uomo è il Figlio di Dio”. Se Gesù non fosse figlio di Dio e se non fosse risorto, sarebbe vana la nostra religione, e allora vale la pena godersi questa vita terrena, poiché “del domani non c’è certezza”. La certezza della fede in Cristo spinse i 12 apostoli e i 72 discepoli a spendere la loro vita per la sua causa, e molti versarono il sangue nel suo nome. La certezza della fede spinse migliaia di anacoreti e monaci nel deserto facendo aspra penitenza, e poi san Benedetto e migliaia di seguaci a chiudersi nei monasteri, i Religiosi nei conventi, legandosi coi voti di povertà, castità e obbedienza. Il fatto che Gesù è il Figlio di Dio, garantisce la sua fedeltà a mantenere le promesse fatte nel vangelo a chiunque lascia padre, madre, fratelli, sorelli, campi, case, e a chiunque dà un bicchiere d’acqua o versa il sangue per il regno dei cieli. San Francesco diceva: “Grandi cose abbiamo promesse a Dio, ma cose più grande ha promesso Dio a noi”. La certezza che Gesù è il Figlio di Dio rende più serena la vita terrena, perché fa vivere nella speranza di una vita migliore, ma soprattutto perché ci autorizza a pensarlo sempre accanto a noi come nostro padre, fratello e amico.
P. Fiorenzo Mastroianni


