Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Quando la donna cananea disse “anche i cani mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”, Gesù trovò l’espressione tanto vera, che si commosse e concesse il miracolo, allontanando il demonio dal corpo di sua figlia. Se anche noi riflettiamo alquanto sulla stessa espressione, dobbiamo passare dall’immagine del cane e delle briciole a quella di una mensa riccamente imbandita, quale era ed è quella a cui Gesù invita ogni giorno non i cani ma noi, suoi figli carissimi, anzi sue spose amatissime. I figli e la sposa non devono gridare appresso al Signore per ottenere tutte le cose buone di cui hanno bisogno, perché – come disse Gesù – “il Padre vostro sa di che cosa avete bisogno ancor prima che gliele chiediate”. E ha garantito i credenti in Lui, che “una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata in grembo” (Lc 6, 38). Il profeta Isaia preannunciò i giorni del Nuovo Testamento e il giorno eterno del paradiso, dicendo: “In quel giorno, preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati (Is, 25,6). Isaia e Gesù non parlavano di un banchetto materiale, ma spirituale. Tuttavia, guardiamoci intorno e vediamo come noi, figli di Dio, abbondiamo di ogni cosa buona, anche materiale, fino a gettare nei rifiuti ciò che ci avanza e ci avanza in abbondanza. Fino al punto – purtroppo – che noi cristiani di questo mondo opulento, trattiamo da cani i nostri fratelli del terzo mondo, lasciando ad essi le briciole che cadono dalle nostre mense. Chissà che Gesù non si commosse nel sentire l’espressione della Cananea proprio pensando ai nostri giorni, a noi opulenti e ai fratelli morenti di stenti e di fame, compresi i bambini!… Ma anche le briciole, fratelli e sorelle, cadono così abbondanti dalle nostre tavole, che basterebbe non farle cadere, raccoglierle, come fanno molti volontari che bussano ai ristoranti, agli alberghi, ai supermercati, per nutrire abbondantemente chi ne manca. Dio è generoso, e pretende che siamo anche noi generosi, dicendo: “Date e vi sarà dato”. Se una parte del mondo è povero, è perché l’altra parte è ladra, e si appropria persino del superfluo!… Ciò che supera a me, appartiene a chi ne manca! Le parole e il discorso fatto finora ha concentrato i nostri pensieri sui beni materiali, ma Gesù ci ha detto di non cercare a Dio le cose materiali ma quelle spirituali, perché le cose materiali sono un’aggiunta naturale alle cose spirituali che chiediamo. Imitando la domma cananea, chiediamo anzitutto a Dio di allontanare da noi satana, dai nostri figli satana, dai nostri parenti, amici e conoscenti satana, il quale è la causa di tutti i mali. Dio ha questo potere, ma lo ha dato anche agli spostoli, anzi a ciascuno di noi, dicendo che noi stessi possiamo allontanare satana “per mezzo della preghiera e del digiuno”. E la parola digiuno ci riporta all’abbondanza dei beni materiali, a cui dobbiamo saper rinunziare, per allontanare dalla terra tutti i mali; infatti, tutti i mali dipendono dalla voglia di possedere per dominare gli altri, spinti dall’orgoglio. Orgoglio! Quando parliamo di satana ci riferiamo anzitutto a quello spirito che fu visto da Gesù cadere dal cielo come una folgore, a causa del suo orgoglio ribelle persino contro Dio. Ma parliamo anche del dio Mammona, identificato da Gesù col denaro e con satana. Preghiera e digiuno significano povertà delle cose per possedere solo Dio. E questo è ciò che fecero tutti i santi; san Francesco divenne la preghiera personificata (totus oratio factus) e restituì a Pietro di Bernardone persino le mutande dicendogli: “Da oggi in poi non dirò più “padre, Pietro di Bernardone”, ma “Padre nostro che sei nei cieli”. Ma l’insegnamento centrale dell’episodio evangelico di oggi è la fede, cioè la necessità di credere in Dio. La donna cananea era pagana, e non sapeva nulla del Dio degli ebrei, ma riuscì a concepire una tale fiducia in Gesù, che sarebbe stata disposta a credere qualunque cosa le avesse detto, perché si sentì totalmente abbandonata a lui. In tutto Israele Gesù trovò molti teologi e giuristi che conoscevano la Bibbia quasi a memoria, ma non si abbandonavano alla parola di Gesù. Ecco cosa desidera da noi Gesù: non tanto che conosciamo molte nozioni sulla sua persona, ma che ci abbandoniamo totalmente a Lui. La fede non è credere in un dio qualunque, ma nel Dio di Gesù Cristo, padre tenero, buono, misericordioso, generoso, affidabile in tutto. La fede non è quella dei pagani, che conoscevano Dio come si conosce il cosmo di notte, né quella degli ebrei, che conoscevano Dio come si conosce la terra all’alba, ma è quella di Cristo, anzi è Cristo stesso, luminoso nel volto e nelle vesti come in pieno meriggio. Questa soltanto, secondo san Paolo, può dirsi vera fede!

P. Fiorenzo Mastroianni.

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